«Ma noi possiamo soltanto amare. Non per bontà, non per senso religioso, ma perché è l’unico nostro modo di restare nella realtà» (Ursula Hirschmann, Noi senza patria, Il Mulino, 1996). Mi è venuto in mente questo formidabile pregiudizio positivo sulla realtà (non a caso espressione di una donna di origine ebraica, madre di Barbara Spinelli, e di ben altri sette figli!), leggendo un commento alla strage di Beslan di Giorgio Vittadini (Il Giornale, 6 settembre, pag. 6). Quale madre non ha avvertito lo sgomento di vedere donne – donne come noi – che uccidono bambini – bambini come i nostri – in quel modo in cui li hanno uccisi in quella scuola?
Vittadini scrive: «è l’uomo misura di tutte le cose, la radice di una ideologia che è la stessa che porta in un Paese civile come l’Olanda a introdurre l’eutanasia per i bambini malati…». Non ci piace che qualcuno ce lo ricordi, ma è vero che l’uomo misura di tutte le cose scambia la realtà con i suoi sentimenti. In tutta evidenza l’animale è ontologicamente imparagonabile a un essere umano, ma quanti oggi, in Occidente, adorano gli animali al punto da preferli agli esseri umani? E quanti, invece, in altre parti del mondo, trattano gli esseri umani come neppure si trattano gli animali? C’è una strana sintonia tra il nichilismo dolce di certo Occidente e il nichilismo feroce di certo Oriente. E la sintonia sta nell’ideologia che, sia pur espressa in contenuti e forme opposte, pretende che l’uomo sia misura di tutte le cose, cioè niente. Allora c’è chi mette le mani sopra la vita per una ideologia fondata sulla compassione e sulla tenerezza, chi per un’ideologia fondata sulla vendetta e sull’odio. In entrambi i casi il primo delitto che si consuma è quello contro la realtà. «Ma, allora, qual è la strada possibile?» si chiede Vittadini. «Nei Promessi Sposi, quando Renzo incontra Frà Cristoforo nel lazzaretto e manifesta propositi di vendetta verso Don Rodrigo, il frate, sdegnato, lo obbliga a perdonare prima che sappia di Lucia salva e di Don Rodrigo appestato. è lo stesso perdono della vedova Coletta; il perdono di un cristiano che, secoli fa, ha cominciato un nuovo popolo con gli angli, i sassoni, gli ungari che gli avevano massacrato il padre… la civiltà occidentale nasce dal superamento dell’occhio per occhio, da un perdono che non è debolezza, ma partecipazione all’esperienza di un Dio che ha perdonato chi lo accusava e uccideva ingiustamente e che ha vinto il male». Caspita! Se noi cristiani avessimo la consapevolezza di queste cose! Altro che elaborazioni psicologiche del lutto e girotondi interreligiosi. «Ma noi possiamo soltanto amare, perché è l’unico modo per restare nella realtà». Il che significa che, ultimamente, è l’amore la Legge di ogni realtà. Di questa Legge occorre parlare ai nostri bambini. E far conoscere loro il nome di Colui che ha ricapitolato in se stesso tutta la realtà, abbattendo il muro dell’inimicizia, dell’odio, della vendetta.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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