Per capire perché la situazione in Iraq è perfino peggiore di quanto appaia, bisogna ascoltare il vice primo ministro iracheno, Saleh Al-Mutlaq. «Considerata la grande esperienza dell’esercito iracheno, vederli scappare da Ramadi è una cosa che ha lasciati tutti di sasso», ha dichiarato alla Cnn.
«L’ESERCITO SCAPPA». Il 17 maggio lo Stato islamico ha conquistato Ramadi, capitale della provincia più grande del paese, quella meridionale di Anbar, a soli 100 chilometri di auto da Baghdad. Un filmato diffuso su internet ha ripreso l’esercito mentre scappava davanti ai terroristi «in un modo a cui non siamo abituati né noi, né loro», continua Al-Mutlaq. «Che un esercito così forte ed armato scappi davanti a un nemico così piccolo che li attacca, è un problema».
«IL POPOLO CON L’ISIS». Un problema che si era già verificato a Mosul, la seconda città più importante del paese, che l’esercito nel giugno 2014 ha evacuato completamente nel giro di una notte, lasciandola nelle mani jihadiste. «L’esercito aveva compiuto grandi errori a Mosul», spiega il vicepremier. «Il popolo si è rivoltato contro di loro e, quando l’Isis si è avvicinato, si è schierato dalla loro parte contro l’esercito, che è dovuto scappare».
«UNITÀ TRA LE MIGLIORI». Ramadi però non è Mosul e «non ci è chiaro perché siano scappati così», continua. Di sicuro, le diverse componenti dell’esercito iracheno non sono affidabili, visto che a Ramadi c’era il meglio del meglio: «Quell’unità era stata addestrata per anni dagli Stati Uniti, in teoria è una delle nostre migliori unità. Eppure sono scappati a quel modo, come tutti hanno visto, lasciandosi dietro le armi».
BASE SETTARIA. Il problema sta nella composizione dell’esercito iracheno: «È dal 2003 che lo diciamo», insiste Al-Mutlaq. «L’esercito deve essere nazionale, professionale, non settario. Sfortunatamente è stato creato facendo entrare le milizie e così ora non è una forza nazionale ma settaria».
LE DOMANDE CHIAVE. E perché i sunniti dovrebbero preferire dei terroristi sunniti a un governo sciita? «I sunniti non sono dalla parte dell’Isis. Però non sono certi di che cosa accadrà se combattono l’Isis. E dopo? La gente è preoccupata. Che cosa avverrà dopo? Vivranno in un’area che sarà ricostruita? Ci sarà una riconciliazione? Saranno inclusi nel governo? Ci sarà un governo inclusivo? Ci sarà una riconciliazione reale nel paese? Se non si risponde a queste domande – conclude – sarà difficile vedere la fine dell’Isis nel breve periodo».
Foto Ansa/Ap