«Ho un tumore al seno, ho subìto due interventi di mastectomia. Sono una libera professionista dal 1992 e pago la gestione separata dal ’97. Ora che mi sono ammalata, come indennità di malattia ho ricevuto solo 13 euro netti al giorno per 61 giorni. Non potevo sopravvivere con questi soldi. Mi sono dovuta fare aiutare. Però secondo la Stato dovrei comunque versare l’anticipo sui contributi Inps. Perciò ho deciso di iniziare uno sciopero fiscale». Così racconta a tempi.it Daniela Fregosi, 46 anni, libera professionista a partita Iva di Grosseto. Fregosi è protagonista di un inedito sciopero dei contributi Inps, che prosegue con il sostegno di Acta, l’Associazione Consulenti Terziario Avanzato che tutela il vasto universo delle partite Iva.
13 EURO AL GIORNO. La situazione di Daniela non è unica né rara: anzi, spiega Acta, si ritrova a vivere lo stesso disagio qualunque libero professionista si ritrovi immobilizzato da una degenza, anche per motivi non gravi, e persino chi vive la maternità. La storia di Daniela colpisce perché è quella di una donna che combatte contro due mostri, la malattia e lo Stato che tartassa ad occhi chiusi. «Lavoro come informatrice aziendale, quindi per la mia professione ho sempre girato per tutt’Italia. Un anno fa ho scoperto di avere la malattia e sono stata operata d’urgenza. Ovviamente sono rimasta bloccata: per otto mesi non ho potuto lavorare, e di conseguenza incassare alcunché, né versare i contributi. Dato che però li verso dal 1997, pensavo di essere coperta. Sono andata a informarmi all’Inps e la prima cosa che ho appreso è che invece non era così. Per l’indennità di malattia vengono considerati solo i versamenti contributivi più recenti, quindi nel mio caso venivano calcolati e diventavano preponderanti quegli otto mesi in cui non avevo potuto versarli». La prima difficoltà con cui Fregosi ha dovuto confrontarsi è stata l’esigua indennità: «Ho calcolato esattamente quanto ho versato alla sola Inps nella mia storia contributiva: ad oggi 70.500 euro di contributi. Mi sento una buona contribuente, ho versato fior di contributi. Ma per una partita Iva il massimo che viene riconosciuto, anche a fronte di una grave e lunga malattia come un tumore, è di 61 giorni, a 13 euro netti al giorno nel mio caso. Come potrei vivere con questa cifra?».
A RISCHIO SOPRAVVIVENZA. Daniela continua il suo racconto: «Anche io, certamente, come tutti ho avuto diritto all’esenzione del ticket oncologico. Ma noi liberi professionisti non siamo uguali ai dipendenti, che in malattia hanno la copertura dello stipendio pieno per diversi mesi. Io ad esempio ho dovuto coprire di tasca mia tutte le altre visite o le cure specialistiche, per i disturbi che a cascata discendono da un tumore, dalla fisioterapia agli esami diagnostici. C’è poi da considerare che a differenza di un lavoratore dipendente, nel caso in cui venga fissato un esame proprio in coincidenza di altri impegni di lavoro, o di una trasferta, un libero professionista si trova costretto a cancellare tout court riunioni e incontri. E un lavoratore autonomo che perde delle giornate, rischia di scontentare il cliente, e di perderlo per sempre. Personalmente, dal fatturare circa 35 mila euro lordi all’anno, dopo la malattia mi sono trovata a fatturarne 15 mila lordi, a fronte di molte altre spese. Non ho casa di proprietà, quindi ho dovuto continuare a pagare l’affitto, così come le bollette e tutte le spese vive. Senza esagerare posso confermare che in caso di una lunga malattia per le partite Iva diventa un problema la stessa sopravvivenza. Per fortuna, almeno, mi sono trovata amici e parenti che hanno scelto di darmi una mano».
L’ANTICIPO DEI CONTRIBUTI. Oltre al danno, la beffa: come tutti i liberi professionisti, anche Daniela si è ritrovata (già a dicembre dell’anno scorso e di nuovo durante questo mese di luglio) a dover pagare il saldo dei contributi Inps e l’anticipo di quelli del prossimo anno. Una mazzata che incide per diverse migliaia di euro, e che si somma al saldo e all’anticipo dell’Irpef, calcolato in base a quanto si è guadagnato l’anno precedente. Solo che mentre per quest’ultima tassa si può chiedere il “ravvedimento operoso” (che consente di posticipare il pagamento per calcolarlo in modo più preciso rispetto al reale incasso) gli altri contributi andrebbero pagati subito. «Onestamente questi soldi non li ho» prosegue Daniela: «Tutto quello che ho incassato, per il momento lo devo usare per curarmi. Mi sono chiesta cosa posso fare. Ho pensato anche di riscattare i miei contributi pensionistici, dato che avendo un cancro la sola prospettiva temporale che ho è il presente. Ma non so se è possibile. Molti amici mi hanno chiesto perché non mi fossi fatta un’assicurazione privata. Ma noi liberi professionisti versiamo il 60 per cento in tasse (di cui il 27,2 per cento per l’Inps, ndr): dove li trovo i soldi per l’assicurazione? Così ho iniziato il mio sciopero contributivo».
ANCHE LE PARTITE IVA SI AMMALANO. Daniela ha anche portato avanti una petizione, con alcune richieste a nome delle altre partite Iva. Ha già ottenuto il sostegno di quasi 50 mila lavoratori come lei, e quello di Acta. «Ciò che chiedo, a nome di tutti, è che sia ampliato il periodo di tutela in caso di malattia grave oltre gli attuali 61 giorni. Che le indennità vengano ridefinite, e che siano degli effettivi sostituti del reddito, come per i lavoratori dipendenti: anche un lavoratore a partita Iva si ammala». Acta ha calcolato che nel 2012, a fronte dei contributi versati dai liberi professionisti, complessivamente 7 miliardi e 457 milioni, solo lo 0,72 per cento era destinato alle prestazioni sanitarie, ovvero 128,5 milioni, dei quali appena il 41 per cento è stato restituito in servizi: «Sono stati erogati 53 milioni di euro per tutte le partite Iva. Quindi ci sono spazi per migliorare nettamente le prestazioni anche con l’attuale aliquota» spiegano da Acta.