«Il sindaco Variati non può obbligare nessuno a lavorare, tantomeno un nomade». Lo ha detto ieri al Giornale di Vicenza, Davide Casadio, presidente dell’associazione Sinti Italiani. Il leader dell’associazione zirgana ha risposto alla proposta “irricevibile” del sindaco di Vicenza, Achille Variati (Pd), che nei giorni scorsi aveva avanzato l’idea di chiedere ai rom del locale campo nomadi qualche ora di lavoro socialmente utile come corrispettivo al pagamento delle loro bollette da parte del Comune (totale: 109 mila euro).
L’inusuale baratto è però risultato poco gradito agli zingari, i quali, dichiarandosi indigenti, si sono appellati all’articolo 3 della Costituzione («Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzioni»). I rom incassano la solidarietà anche dei leader dei centri sociali vicentini, che, indignati dal patto di scambio avanzato dal sindaco, domani manifesteranno in difesa dei loro diritti.
NO AL LAVORO. Variati ha proposto di far svolgere qualche lavoretto per la comunità agli zingari, dopo aver dichiarato che il Comune avrebbe pagato le bollette dei nomadi, scatenando il furore delle minoranze di centrodestra. «Segnaleremo i finti poveri alla guardia di finanza – ha ribadito, in questi giorni, il sindaco – e chi non accetterà di svolgere lavori socialmente utili non vedrà un euro e nei casi di false dichiarazioni porteremo mamme e figli all’albergo cittadino». Tuttavia, il presidente dell’associazione Sinti Italiani, Casadio, insiste nel dire che questo scambio va rispedito al mittente: nessuno può obbligarli a lavorare. «Questo concetto vale per tutti», spiega al Giornale di Vicenza. Il comune è obbligato ad aiutare chi si torva in difficoltà, quindi a saldare eventuali insoluti. «E anche per quanto riguarda il volontariato: o lo si fa perché si crede in un’idea, in un principio, altrimenti che senso ha?». L’unica proposta che i nomadi potrebbero accettare da parte del Comune di Vicenza, spiega Casadio, è la garanzia di avere «un percorso di lavoro, serio, programmato, che dia l’opportunità alle famiglie di essere autonome».
UN ALTRO CASO. Un altro caso che rischia di attirare le ire dei cittadini italiani nei confronti delle condizioni di illegalità in cui i rom sono lasciati vivere, e che li ha coinvolti di recente, è stata la scoperta da parte dei finanzieri di Roma, di un tesoro da oltre 2 milioni di euro (denaro, titoli di credito, monili, collane e gioielli d’oro), nei vari campi nomadi autorizzati della capitale. Venti zingari “milionari”, che però risultavano ufficialmente indigenti e che fruivano dell’esenzione dalla tassa sui rifiuti, nonché di alloggio, acqua, elettricità e gas gratuiti a carico di Roma, sono stati arrestati. Le Fiamme gialle hanno osservato come il patrimonio fosse «sproporzionato e non giustificato dai redditi dei rom che, invece, annoverano numerosi precedenti per gravi reati quali furto, ricettazione, rapina, porto e detenzione abusiva di armi, falsificazione di monete e false identità». Dalle indagini è emerso che alcuni soggetti avevano la disponibilità di ingenti somme su conti correnti e libretti di deposito, nonché di azioni ed obbligazioni oltre che di gioielli custoditi in cassette di sicurezza.