«L’Italia trovi il coraggio di tornare a fare politiche a sostegno della famiglia». È il grido lanciato dal presidente del Forum delle Associazioni familiari Francesco Belletti in occasione di una conferenza stampa alla Camera dei Deputati su politiche familiari e Legge di Stabilità. «È due anni che aspettiamo invano la convocazione della terza Conferenza nazionale sulla famiglia», ha detto Belletti, e l’attuale presidente del Consiglio Matteo Renzi «aveva garantito che l’avrebbe fatto prima della scadenza del semestre italiano alla Ue, cioè entro dicembre. Ma la data non è ancora stata fissata, mentre è quanto mai urgente calendarizzare un incontro».
POCHE RISORSE. A livello di politiche familiari, in Italia «mancano all’appello investimenti pari a 2 punti di Pil», ha denunciato Belletti. A tanto ammonta, secondo il presidente del Forum, l’importo che il governo dovrebbe stanziare per adeguarsi agli standard degli altri paesi in Europa. Si tratta di un importo pari a circa 30 miliardi di euro, il cui impiego deve essere pianificato su di «un orizzonte temporale da qui al 2018». Perché per Belletti non basta più ragionare su «singoli interventi da 100-150 milioni di euro per volta; meglio sarebbe scommettere su di una vera alleanza per la famiglia e per un welfare plurale, coinvolgendo sindacati, imprenditori, fondazioni e il privato sociale nelle scelte».
BONUS E CARICHI FAMILIARI. La questione più urgente e decisiva a cui occorre mettere mano è quella del fisco nazionale che, ha spiegato Belletti, «non garantisce equità per i carichi familiari». Lo si è visto nel caso dei bonus Irpef da 80 euro, che sono destinati indifferentemente al singolo lavoratore, a prescindere dal fatto che abbia figli o meno. «La nostra proposta», ha dichiarato il presidente del Forum famiglie, «è quella di destinare 60 euro a tutti, lavoratori autonomi compresi, e ulteriori 10 o 20 euro a testa per ogni singolo familiare a carico». In questo modo, infatti, «si otterrebbe maggiore equità». Lo stesso dovrebbe essere fatto per il bonus bebè, che «dura solo tre anni, mentre il costo medio di un figlio per ogni famiglia è di 180 mila euro» fino a che questi esce di casa, cioè tra i 25 e i 30 anni.
DONNE VEDOVE. «La questione del fisco è prioritaria», ha ribadito Belletti, ricordando anche il caso particolare delle famiglie vedove (vedi in proposito la lettera di Monica Ventimiglia a tempi.it) che «purtroppo pagano un costo fiscale altissimo all’atto della vedovanza». Per loro, infatti, un figlio è da considerarsi a carico non appena supera i 2.800 euro di reddito annuale, anche se tale introito proviene dalle pensioni di reversibilità del padre. «Non comprendiamo perché il Parlamento non abbia ancora messo a tema e risolto una simile stortura. Che non può essere in alcun modo ridotta a un mero problema di coperture. Chiediamo al Parlamento di intervenire il prima possibile».
FATTORE FAMIGLIA. «La nostra proposta è sempre quella di istituire in Italia il Fattore famiglia», ha aggiunto la presidentessa del Forum delle associazioni familiari del Lazio, Emma Ciccarelli, «e le buone prassi cui ispirarsi non mancano affatto a livello locale, come, per esempio, diverse e meritevoli esperienze di welfare sussidiario». Ed è per questo che «non ci stancheremo mai di ripetere al governo quanto sia importante coinvolgere direttamente le famiglie nelle decisioni da prendere. Sono loro, infatti, che più di chiunque altro possono contribuire a trovare soluzioni e ridurre notevolmente i costi, a fronte di maggiori benefici per tutti».
TASI E NUOVO ISEE. Tuttavia è proprio a livello locale che si perpetuano alcune delle storture peggiori, come la Tasi: «Ci avevano promesso detrazioni per i carichi familiari di modo che questa tassa risultasse più bassa dell’Imu, ma all’atto pratico constatiamo che i comuni non le stanno applicando. E questo non aiuta il Paese a risollevarsi, anzi genera ulteriori pessimismo e sfiducia tra le famiglie, allontanando ancora la possibilità di una ripresa».
Stesso discorso vale per il nuovo Isee, ha proseguito Ciccarelli: «Abbiamo denunciato evidenti iniquità di uno strumento che, per il momento, non risulta affatto equilibrato e chiediamo, pertanto, al governo di effettuare test e simulazioni, per evitare che ancora una volta si faccia cassa sulla pelle delle famiglie».
CASE E SCUOLA. Di più andrebbe fatto anche per aiutare la conciliazione all’interno delle famiglie tra i tempi della vita in comune e quelli del lavoro. E non si tratta solo di potenziare i servizi per l’infanzia, come gli asili nido, di cui pure c’è bisogno. Sono auspicabili misure «a sostegno della povertà e dell’edilizia agevolata, per chi decide di mettere su famiglia».
A preoccupare le famiglie italiane ci sono infine le decisioni delle scuole in merito all’insegnamento dell’«ideologia gender», scelte tutt’altro che secondarie che però sono prese spesso «senza che siano condivise dalle famiglie. Occorrono maggiori spazi di rappresentanza nella prospettiva di favorire l’autonomia scolastica e la partecipazione». Senza contare, poi, la questione irrisolta degli studenti disabili e la necessità di un adeguato numero di insegnanti di sostegno.