Un Gay Pride coloratissimo, quello che si è svolto a Torino, con i soliti carri e la presenza di 20.000 persona. In testa al corteo, Alessandro Cecchi Paone e Giovanni Minerba, fondatore del Festival Cinema Gay della città. “Diciamo sì ai diritti gay”: questo lo slogan della manifestazione. E a rimarcare il concetto, sul carro principale, si sono “sposate” una trentina di coppie, con tanto di marcia nuziale di Mendelssohn a sovrastare le note, poco distanti, di YMCA dei Village People. C’è chi ha scelto l’eleganza, chi il completo informale: le nozze del “vorrei ma non posso” non hanno ovviamente valore legale, ma simbolico sì: scambio degli anelli (rosa), lettura di alcuni articoli della Costituzione, classico bacio finale, lancio del riso (e di schiuma). La formula pronunciata dai celebranti (15 in tutto) è stata quella classica: “Vi dichiaro uniti in matrimonio”.
Del resto, il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, nell’esprimere l’adesione del Pd al Gay Pride nazionale (che si è svolto a Bologna), ha rimarcato la sua vicinanza alle forze progressiste («dal presidente Usa Obama al neo-eletto presidente francese Hollande») impegnate a costruire «un nuovo civismo in cui ciascuna persona possa avere pari diritti e pari opportunità di vita, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale e identità di genere». Aprendo esplicitamente a una legge «che faccia uscire dal Far West le convivenze stabili tra omosessuali, conferendo loro dignità sociale e presidio giuridico».
Il Gay Pride rappresenta da sempre un’ottima vetrina elettorale, soprattutto per il centrosinistra. Nella conta dei presenti e degli assenti, il consigliere regionali del Pd Andrea Stara non ha perso l’occasione di rimarcare il vantaggio del suo partito sui grillini: «Come mai non c’erano? Non sono il nuovo che avanza? E i diritti civili?». Peccato che i grillini non siano i soli ad aver disertato le nozze simboliche: anche il primo cittadino del capoluogo piemontese, Piero Fassino, non ha sfilato per le vie della città «per impegni precedenti». Un’assenza, la sua, resa ancor più evidente dal cartello (“spose in attesa di diritti”) esposto da Antonella D’Annibale e Debora Galbiati, il cui “matrimonio” era stato celebrato nel 2010 dall’allora sindaco Sergio Chiamparino.
Al di là della mancata partecipazione, Fassino avrebbe anche sconsigliato alla sua giunta di partecipare, «per evitare polemiche». Si tratta di Mariacristina Spinosa (Assessore alle Pari Opportunità), Ilda Curti (Urbanistica), Gianguido Passoni (Bilancio) e Maria Grazia Pellegrino (Risorse Educative) che sembra abbiano in un primo tempo manifestato la loro disponibilità per poi fare un passo indietro adducendo motivazioni personali: hanno sfilato con la fascia tricolore, ma senza partecipare alla celebrazione delle nozze. Si tratta solo di voci, ma Fassino per ora non ha smentito. Chi c’era dunque sul carro nuziale? A consegnare le pergamene alcuni consiglieri comunali di Sel, qualche consigliere regionale del Pd e due consiglieri regionali del Pdl, Daniele Cantore e Fabrizio Comba.