È partito come sempre, Antonio Di Pietro: con un “no” chiaro e perentorio al governo tecnico. Poi, dopo i rimbrotti della base, che l’hanno addirittura portato a lanciare un sondaggio via web (“governo tecnico: io la penso così. E voi?”) gli è toccato fare un passo indietro. I militanti hanno criticato il suo atteggiamento “irresponsabile”, minacciando di passare al Movimento Cinque Stelle, e la fiducia a Monti è arrivata. Una fiducia, come l’ha definita il leader dell’Idv, “condizionata”: «Non ci piace e non ci convince la fiducia in bianco. Noi vogliamo che ci sia un patto chiaro, non possiamo accettare a priori senza sapere in concreto che cosa volete fare per rendere operative le cose che avete detto».
E adesso, quale futuro aspetta l’Italia dei Valori? Da una parte il credito a un esecutivo di burocrati è difficile da far digerire al popolo viola, dall’altraMonti rappresenta una discontinuità rispetto aBerlusconi. L’Idv riuscirà a sopravvivere come soggetto politico, dopo essersi connotata per anni come partito antagonista? Rischia di perdere consensi restando nella maggioranza formale? E quanto potrà durare questa posizione anomala, in precario equilibrio tra attacco e difesa?
Pino Pisicchio, che in tempi non sospetti ha lasciato Di Pietro per aderire all’Api di Francesco Rutelli, ne è certo: l’Idv soffrirà la mancanza di Berlusconi. «Venuto meno il nemico, lo schema battagliero perde mordente. Anche se Di Pietro, che è un animale politico, ha già percepito questa difficoltà negli ultimi tempi, e in ragione di questo ha iniziato a cambiare registro mettendo in campo una serie di istanze propositive, rivolgendo l’attenzione, per esempio, alle posizioni della Cgil. Va detto poi che nel 2008, l’Idv ha occupato uno spazio politico che era tradizionalmente quello della sinistra antagonista. Ora, la ripresa di forti personalità come Vendola e Grillo creano inevitabilmente degli squilibri, e far quadrare il cerchio della linea politica diventa complicato: cerca di porre dei paletti a Monti, ma il suo popolo è sostanzialmente disorientato, e si chiede: se Monti rappresenta la liberazione da Berlusconi, perché dovremmo essere contro di lui? Ha provato a fare la Lega Nord dell’altra metà dell’emisfero. Non ha funzionato».
Di Pietro è per certi aspetti l’alter ego di Berlusconi: gran comunicatore, con un elettorato molto polarizzato.
Scomparso dalla scena l’uno, è naturale che scompaia anche l’altro? È il momento di giocare la carta De Magistris, che ha espresso posizioni molto dure contro il governo Monti e converge con Vendola a difesa del sud?
Vent’anni di comunicazione politica hanno lasciato alle nostre spalle delle maschere. Di Pietro resterà per sempre, nell’immaginario del Paese, il magistrato di Mani pulite, l’antagonista del Caimano, e l’uomo che si è inventato l’Italia dei Valori. Un partito con una fortissima carature leaderistica, un partito personale. Credo sia improbabile l’ascesa di un leader alternativo, in grado di indicare la rotta. Questa nuova stagione politica rivoluzionerà molte cose, ad esempio il linguaggio. Ci siamo abituati per vent’anni a un lessico forte, al limite del turpiloquio, violento, da trincea. In un pomeriggio, tutto è cambiato: probabilmente Monti ha saputo rispondere a un desiderio che già era nell’animo della platea elettorale. D’altra parte, questo provoca il totale spaesamento di chi su quel linguaggio conflittuale ha investito in termini politici. Di Pietro procede a tentoni, in una situazione che non rientra nei suoi canoni. Sono curioso di vedere come potrà rivendicare una linea politica, in una stagione che gli nega di portare avanti la modalità, basata sullo scontro, che ha sempre applicato.
C’è il rischio che Di Pietro faccia da apripista a chi si tirerà indietro di fronte alle scelte del governo?
Molto dipende dal grado di condivisibilità di queste scelte. Per alcuni segmenti politici diventa facile, davanti a nuove tasse, dare addosso all’untore che affama i commercianti del Triveneto. Per Di Pietro invece sarà complicato spiegare ai suoi elettori che si sta agendo nell’interesse superiore del paese. Sarà costretto a puntare molto sui temi della casta, dei privilegi, dell’anti-politica. Potrebbe trovare occasione e convenienza nello smarcarsi di tanto in tanto. Ma secondo me l’Idv sarà in difficoltà fintanto che questo governo resterà nel solco del mandato avuto dal presidente Napolitano. È un gioco nuovo. Staremo a vedere.
La foto di Vasto simboleggiava le basi di una nuova alleanza tra le forze progressiste. Ora siamo davanti alla fine del centrosinistra, per come lo conosciamo?
È un percorso accidentato, per tutti. È finito il bipolarismo, è terminata una stagione: faremmo bene ad approvare una nuova legge elettorale, magari sul modello tedesco. È finito il tempo delle grandi alleanze che mettono assieme Vladimir Luxuria e Clemente Mastella. Il Pd deve decidere cosa vuol fare da grande, e soprattutto con chi lo vuole fare.