“Zurigo vota sì all’eutanasia”, titola il Corriere di lunedì16 maggio. «Ma attenzione a non banalizzare la cosa perché non è proprio così. Bisogna precisare che si tratta di suicidio assistito. L’eutanasia attiva non è permessa». A spiegare l’esito del referendum che chiedeva l’abolizione dell’eutanasia passiva, dell’aiuto al suicidio assistito e il divieto di applicarlo a cittadini stranieri è il dottor Antonio Foletti, uno dei responsabili di un reparto di antalgia dell’ospedale di Losanna. La sua è stata la prima grande struttura ospedaliera elvetica ad ammettere la possibilità di portare a termine un «suicidio assistito» all’interno delle sue mura. Infatti, a praticarlo in Svizzera prima erano solo due società: Dignitas e Exit. Il loro scopo dichiarato è di assistere le persone che chiedono di morire, evidentemente in un quadro di disinteresse personale.
Il referendum è stato perso dai due partiti che lo hanno proposto con una percentuale contraria dell’80 per cento «anche se – precisa Foletti – se poi si va a vedere bene chi ha votato è solo il 30 per cento della popolazione di Zurigo, il che vuole dire che di questi una persona su quattro ha bocciato queste proposte ed è favorevole al suicidio. Ma della grande maggioranza della popolazione non é dato di sapere quello che ha nel cuore. Se si guarda il numero di suicidi all’anno in Svizzera, le cifre, andate riducendosi, sono esigue. Per cui significa che nel tempo c’è molto disinteresse (come per tante altre cose in Svizzera). Ma la gente è lasciata sola a farsi un’idea, e chi fa molto rumore (come Exit o Dignitas) , diventa quasi l’unica “compagnia” che ti aiuta a vedere chiaro in questi momenti drammatici».
Che intende?
Ho incontrato persone che mi hanno chiesto di morire: nella maggior parte dei casi hanno cambiato idea. Nel mio ospedale il suicidio assistito è permesso da cinque anni, ne è avvenuto uno.
Come lavorano la Dignitas e L’Exit?
L’articolo 115 del codice penale vieta l’eutanasia attiva. Quindi l’unica cosa che possono fare è prepararti una pozione da bere, gesto che la persona deve portare a termine senza aiuto. Tecnicamente una persona che non ha possibilità di muovere le braccia o di aspirare da una cannuccia non corrisponde ai criteri che riguardano quest’aspetto del codice penale. So che Exit organizza dei colloqui con le persone che si iscrivono all’associazione, in cui vengono spiegate le modalità e ci si accerta della legalità del gesto. I contatti con Dignitas invece possono essere anche solo indirettamente personali (telefono, o mail). Sono fatti davvero squallidi.
Pensa che se l’eutanasia attiva fosse legale, non si troverebbero medici disposti a compierla?
Per farlo devi essere completamente ideologico e arrivare a convincerti che stai compiendo un gesto eroico e missionario. Io penso che un uomo solo non può alla lunga non sentire il ribrezzo di questo genere di gesti, senza che qualcosa lo incoraggi continuamente a evadere da sé: se guardo le persone con cui lavoro vedo che pur con vergogna disapprovano ciò che sembra moderno e inevitabile, sentono che la loro coscienza dice che l’eutanasia è male, ma poi non osano esprimere questo disagio per via di un potere totalmente avverso.
La nostra società sembra sempre più spaventata dal sacrificio. Lei come lo affronta nella sua esperienza?
Solo se sai che la vita non finisce con la morte, il dolore non ti schiaccia più, anche se resta e continua a fare male. Solo quando si guarda il malato così, tenendo conto di questo suo misterioso destino lo si può abbracciare in tutta la sua realtà, che nel caso del dolore può essere drammatica. E allora si cerca anche di alleviare le sofferenze e di curare al meglio proprio perché l’altro ha un valore infinito. Chi soffre si accorge se c’è questo riflesso negli occhi di chi lo assiste. Alcuni miei pazienti che parlavano di eutanasia quando si sono sentiti guardati così hanno deciso di andare avanti a vivere fino alla fine. Molti trovano una pace inaspettata e iniziano ad accettare la malattia perché si accorgono che non è quella a definirli. Poi certo c’è la libertà e alcuni si ribellano, ma occorre fare compagnia anche a loro fino alla fine.