L’Iran cerca di dotarsi della bomba atomica e l’eventualità non mette in fibrillazione solo Israele, ma anche gli Stati del Golfo persico. Per affermarlo non servono dichiarazioni di ministri o capi di Stato, è sufficiente guardare il mercato delle armi e i suoi numeri.
Nel 2011, la compravendita di armi tra paesi sviluppati ha fruttato 85,3 miliardi di dollari. Di questi, 66,3 miliardi sono andati agli Stati Uniti, che hanno venduto il 79 per cento delle armi. Il primato a stelle e strisce è irraggiungibile, visto che al secondo posto troviamo la Russia, che ha venduto appena il 6 per cento del totale delle armi. A stupire del rapporto annuale presentato al Congresso americano sono i raffronti con il 2010: allora gli Stati Uniti avevano esportato “solo” il 44 per cento delle armi, ricavando 21,4 miliardi.
Perché nel 2011 la vendita delle armi da parte degli Stati Uniti è quasi raddoppiata, quadruplicando i ricavi? Perché alleati americani come l’Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Oman, tutti paesi che si trovano nel Golfo Persico, hanno scelto di attrezzarsi nell’eventualità che l’atteggiamento dell’Iran, che né i colloqui del 5+1 né le sanzioni hanno fatto recedere sulla volontà di costruire l’atomica, scateni una guerra. Se è vero che nessuno di questi paesi confina con la Repubblica islamica, è anche vero che il listino bellico di questi Stati non comprendeva fucili e mitragliatori, ma costosissimi aerei da guerra e complessi sistemi di difesa missilistici. Ottimi per una guerra a distanza.
Così, come ricorda il New York Times, l’Arabia Saudita ha comprato 84 Jet F-15, insieme a Tir pieni di munizioni e missili. Non solo, ha anche aggiornato la tecnologia di altri 70 F-15 di cui era già in possesso. Per non restare sguarnita, ha poi acquistato decine di elicotteri Apache e Black Hawk, per un totale di 33,4 miliardi di dollari. Gli Emirati Arabi Uniti hanno invece acquistato, oltre a 16 elicotteri Chinook, anche un sistema antimissilistico di difesa. L’Oman si è “accontentato” di 18 F-16, per una spesa totale di 1,4 miliardi di dollari.
Secondo il Nyt, la vendita di armi e di sistemi di difesa è un tassello chiave nella preparazione di un possibile attacco all’Iran da parte di Israele con il benestare degli Stati Uniti. Migliorare la difesa di quei paesi che mal digeriscono l’Iran e che potrebbero subire ripercussioni da un eventuale attacco è importante, soprattutto se si vuole sostituire i ricchi giacimenti iraniani con quelli degli altri paesi del Golfo Persico.