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Nel 2015, in un saggio sul Venerdì santo, papa Ratzinger ricordava quanto sia risibile la nozione di “progresso”, di un mondo supposto in continua evoluzione verso un “meglio” rispetto al passato. «Se avessero avuto ragione Kant e Hegel, l’illuminismo avrebbe dovuto rendere l’uomo sempre più libero, sempre più ragionevole, sempre più giusto. Dalle profondità del suo essere salgono invece sempre più quei demoni che con tanto zelo avevamo giudicato morti, e insegnano all’uomo ad avere paura del suo potere e insieme della sua impotenza: del suo potere di distruzione, della sua impotenza a trovare se stesso e a dominare la sua disumanità».
È quanto viene sinteticamente descritto da papa Francesco quando dice che «alla radice di tutti i problemi del mondo c’è l’amore proprio, il contrario della misericordia». In effetti dovremmo ammettere il fallimento di tutto l’amor proprio dell’uomo. Tanto dell’amor proprio che si esprime in ideologie, quanto di quello che si giustifica con la presunta superiorità di alcuni, i “puri”, davanti a una massa di «mosche, i corrotti» (come da dichiarazione di un magistrato capo del sindacato dei magistrati). Amor proprio. Presunzione di purità e di autosufficienza.
«I media – disse Benedetto XVI in piazza di Spagna l’8 dicembre 2009 – tendono a farci sentire sempre “spettatori”, come se il male riguardasse solamente gli altri, e certe cose a noi non potessero mai accadere. Ci lamentiamo dell’inquinamento dell’aria… È vero, tuttavia c’è un altro inquinamento, meno percepibile ai sensi, ma altrettanto pericoloso. È l’inquinamento dello spirito; è quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta a non salutarci, a non guardarci in faccia».
Cosa può farci tornare a “guardarci in faccia” e produrre un inizio che va nella direzione opposta allo spaesamento, allo scetticismo e alla paura? Ratzinger indicò in «Maria Immacolata» Colei che «ci aiuta a riscoprire e difendere la profondità delle persone». Perché «la Madonna ci insegna ad aprirci all’azione di Dio, per guardare gli altri come li guarda Lui: a partire dal cuore. E a guardarli con misericordia, con amore».
Pensiamo che l’osservazione ratzingeriana abbia una valenza politica. E che la politica sia oggi così tanto svillaneggiata proprio perché, come disse il beato Paolo VI, è «la più alta forma di carità». Perché la “politica” implica il “guardare” gli altri non secondo “amor proprio”, ma secondo il Destino degli altri (dato che il Destino degli altri è anche il nostro Destino).
Ora il paradosso è questo: la fine della politica ha significato anche la fine della purezza. Il ritorno alla politica promuove invece la possibilità di una gratuità, di una umanizzazione della società. È talmente vero questo, che è per l’assenza della “più alta forma di carità” (per l’assenza di uno sguardo di misericordia alla tristezza materiale e alla cupezza spirituale in cui versa il popolo) che il male imperversa.
Foto Ansa