L’assalto al cantiere di Chiomonte, nella notte tra il 13 e il 14 maggio dello scorso anno, non fu un’azione terroristica. I quattro esponenti dell’ala estremista del movimento No Tav – Niccolò Blasi, Mattia Zanotti, Chiara Zenobi e Claudio Alberto – rinviati a giudizio per quell’azione sono stati dichiarati colpevoli dalla Corte d’Assise, con le accuse di detenzione di armi (le bottiglie molotov con cui hanno dato fuoco ai macchinari), danneggiamenti e violenza a pubblico ufficiale, ma i giudici hanno fatto cadere l’accusa di terrorismo perché «il fatto non sussiste». Alla lettura della sentenza, la nutrita rappresentanza di militanti antitreno presenti in aula ha platealmente esultato. Il movimento, infatti, ha sempre rigettato l’accusa di terrorismo, anche se le pratiche di guerriglia sono un fatto confermato dal processo. Tra urla «libertà» e «buffoni», non è mancato il solito «terrorista è lo Stato».
«UNA VITTORIA». In carcere ormai da un anno, i quattro sono stati tutti condannati a 3 anni e 6 mesi e dovranno liquidare a Ltf, la società incaricata della realizzazione dell’opera, i danni procurati durante il blitz. «L’accusa di terrorismo era manifestamente infondata. È una vittoria su tutta la linea». Questa la dichiarazione a caldo dell’avvocato Claudio Novaro, legale dei quattro, dopo la sentenza della Corte d’Assise di Torino. «Era la pena che auspicavamo – ha aggiunto – perché sotto i 4 anni sarebbe stata una vittoria».
Per i trenocrociati parla Nicoletta Dosio che sostiene che «questa sentenza è uno schiaffo alla Procura di Torino e a questi pm, che usano la giustizia come grimaldello per difendere i poteri forti». Si esulta, in sintesi, per una condanna più leggera del previsto e senza l’aggravante del terrorismo.