«Beppe Grillo ha condotto una campagna elettorale sulla rabbia, sostenendo che non c’è bisogno di fare, ma solo di cacciare l’untore». Ugo Finetti, storico e giornalista, a tempi.it dà la sua versione del “grillismo”. Secondo Finetti, la proposta politica di Grillo si riduce a due elementi: «Indagini e linciaggi».
Finetti, il leader 5 Stelle si è appropriato della “questione morale”, uno dei temi più cari alla sinistra italiana. Cosa ne pensa?
A quei tempi era diverso. Oggi la “questione morale” non è più nemmeno quella ostentata dalla sinistra nel periodo di Tangentopoli, fra il 1992 e il 1994. Grillo pensa di risolvere anche i problemi economici per via giudiziaria. Il giustizialismo viene declinato dal Movimento 5 Stelle in campo economico. Grillo dice agli italiani: “La crisi è una invenzione delle banche, non dobbiamo fare riforme e sacrifici, basta prendere i soldi dalla lotta alla corruzione e all’evasione”. Anche se non è vero.
Come si può rispondere alla demagogia delle manette facili?
Purtroppo è difficile. Il giustizialismo è uscito dal contenitore. Come un dentifricio fuori dal tubetto, ora è difficile da rimettere al suo posto. Questo è accaduto per ragioni storiche precise: la risposta emergenziale alla criminalità organizzata e al terrorismo in Italia. Per risolvere le emergenze abbiamo militarizzato la magistratura. Quando si è deciso di affidare i compiti di polizia ai magistrati, la loro non è stata più una azione di giustizia e di verità, ma una risposta “militare” all’emergenza. E così gli italiani hanno finito per credere che la giustizia è questa azione. Immaginiamo di chiedere agli italiani: volete che un innocente sia mandato in galera? Ovviamente risponderebbero di “no”. Ma se chiedessimo loro se, pur di estirpare la criminalità organizzata, sarebbero disposti a mandare in galera degli innocenti, quanti direbbero sì? Molti.
Renzi ha dato a un pm, Raffaele Cantone, “poteri speciali” su Expo. Cosa ne pensa?
Il premier cerca di risolvere un problema di credibilità appellandosi a una figura, il magistrato, che è ritenuta autorevole dalla maggior parte degli italiani. È un salvagente per la propria credibilità, ma così si auto-delegittima. Un presidente del Consiglio dovrebbe essere credibile senza uno sponsor della magistratura. Inoltre, i magistrati non possono fare tutto: altro che separazione delle carriere! Si dovrebbe fare l’unificazione delle carriere. Già abbiamo il giudice che fa l’inquirente e viceversa, adesso dobbiamo avere anche il giudice che svolge il ruolo di amministratore di un polo espositivo?
Grillo ha invocato processi digitali per giornalisti e politici. Pensa che sia un’evoluzione pericolosa del processo mediatico?
I processi sommari si fanno in piazza. Si sono fatti con i mass media e ora siamo alla fase dei tweet. Però mi sembra che la platea sia sempre la stessa. Negli anni ’60 la chiamavamo “la folla solitaria”. La platea di Grillo è una folla solitaria dominata dalla frustrazione che pensa di risolvere i problemi con il linciaggio. I giustizialisti pensano che la soluzione sia trovare l’untore, l’evasore fiscale, il corruttore, come se fossero loro la causa di tutti i problemi.
La sinistra, secondo lei, sta prendendo coscienza del problema “giustizialista”?
C’è una spaccatura all’interno della sinistra. Questa demagogia che invoca il linciaggio e la caccia all’untore è sempre stata estranea alla sinistra storica, che oggi ha esponenti come Macaluso e Napolitano. Purtroppo la demagogia giustizialista è un male che si è diffuso nella seconda repubblica a causa dell’estrema sinistra. Nella prima repubblica, il Pci aveva posto una barriera agli estremisti – con l’eccezione di Luigi Longo, che aprì al Movimento Studentesco per una breve fase del ’68 -, e oggi non c’è questa delimitazione. Il maggioritario ha costretto la sinistra ad andare verso l’estrema sinistra e dunque a rincorre la demagogia giustizialista. Anche Renzi viene portato verso quell’area. Però deve rendersi conto che deve trovare un altro modo per raccogliere consensi.