«I danni sono enormi. Ci hanno fatto buttare via sei o sette anni di lavoro, hanno bruciato migliaia e migliaia di euro, per colpa loro molti animali moriranno. Ci sentiamo spersi, non sappiamo cosa sarà di noi ora». È questo, in sintesi, lo stato d’animo espresso a tempi.it da Francesca Guidobono Cavalchini, direttrice del dipartimento di Farmacologia dell’Università Statale di Milano, dopo l’assalto da parte di «cinque o sette animalisti» che hanno fatto irruzione nel loro stabulario sabato scorso, liberando degli animali e mandando in fumo anni di ricerca per curare Parkinson, Sla, epilessia, autismo, ritardo mentale e altre malattie neurodegenerative (foto al centro).
Prima di tutto, che cosa è successo sabato scorso?
La mattina siamo aperti perché c’è lezione e perché alcuni ricercatori lavorano. Ci sono sempre giovani che vanno e vengono. Cinque o sette ragazzi del gruppo animalista “Fermare Green Hill” sono entrati nel dipartimento e hanno raggiunto lo stabulario all’ultimo piano, dove neanch’io posso entrare, solo i ricercatori hanno la tessera magnetica che fa scattare la porta. Loro l’hanno scassinata e si sono incatenati alla porta (foto in alto a sinistra) in modo tale che se qualcuno da fuori l’avesse aperta li avrebbe strozzati. Dopo ore di patteggiamento, sono usciti alle 22.30 portando con sé molti animali e dopo avere scambiato i cartellini alle altre gabbie, non so perché.
Quanti e quali animali ci sono nel vostro laboratorio?
Noi abbiamo circa mille animali, topi bianchi di laboratorio, conigli in cui produciamo anticorpi e altri molto particolari perché rappresentano modelli animali per lo studio di patologie gravi.
Li trattate male come sostengono gli animalisti?
I nostri animali, controllati in modo rigoroso dall’Asl, stanno meglio di molti umani: hanno gabbie con misure stabilite, un ricambio d’aria controllato dalla Asl, se c’è una piastrella crepata in laboratorio ce la fanno cambiare subito. Insomma, sono più controllati degli uomini. Prima di partire con un protocollo di ricerca, dobbiamo avere l’approvazione del comitato etico, del nostro veterinario, dell’Asl e del Ministero. Teniamo un registro degli animali che vengono presi in carico, dove c’è scritto tutto su di loro. Sono controllati da quando nascono fino alla fine della loro vita. Molti moriranno per colpa degli animalisti.
Perché?
I circa cento animali che hanno portato via sono abituati allo stabulario e nella vita libera non sopravvivono: sono abituati a una temperatura costante, ad avere 12 ore di buio e 12 di luce, alcuni hanno caratteristiche di immunodepressione e non hanno il pelo, i cosiddetti topi nudi che sotto i 24 gradi non sopravvivono. Il danno provocato è enorme: ci sono conigli che avevamo da cinque o sei anni, in cui si stimola la produzione di anticorpi e che poi servono per la ricerca. Ma loro, non so perché, hanno scambiato i cartellini delle gabbie e ora non sappiamo più chi si trova dove. Hanno poi liberato dei topi nello stabulario, che ora non sopravvivranno.
Perché non siete riusciti a bloccarli?
È arrivata la polizia e la Digos, che però per problemi loro non volevano intervenire a meno che non glielo chiedessimo con forza noi. Alla fine il retore gli ha detto che dovevano intervenire, quindi gli hanno dato 15 minuti di tempo per arrendersi e alle 22.30 sono usciti.
Perché ha parlato di danno enorme?
Erano sperimentazioni che andavano avanti da anni e noi dobbiamo rendere conto di come abbiamo utilizzato i fondi per la ricerca che ci sono arrivati da Telethon e dall’Unione Europea. Questi sono progetti che si fanno insieme ad altre cinque o sei unità in Europa e dobbiamo rendicontare ogni centesimo usato. Senza contare che poi si controlla quali pubblicazioni scientifiche sono state fatte dopo le nostre ricerche.
Che studi fate grazie a questi animali?
Sono dei modelli animali che permettono di capire quali sono gli obiettivi terapeutici di una sperimentazione, che poi si trasferisce alle persone. Studiamo malattie neurodegenerative, del sistema nervoso, dal Parkinson all’Epilessia alla Sla.
Quanto vi costerà questo blitz?
Non so dare cifre precise. Ma faccio un esempio: avevamo delle coppie di topi selezionati in base a determinate caratteristiche. Alcuni miei colleghi hanno perso questa linea di animali e ora se li devono ricomperare. Negli Stati Uniti i costi sono proibitivi: una coppia sola di questi animali, perché poi bisogna farli riprodurre, costa 60 mila dollari. A noi ce ne servono dieci o venti. Adesso è tutto fermo e non sappiamo cosa succederà di noi.
Perché?
Perché noi attestiamo la nostra attività con la didattica e la ricerca: se non abbiamo dati da pubblicare, risulta che in questi anni non abbiamo fatto ricerca. Inoltre, come facciamo ad insegnare? Per insegnare dobbiamo fare ricerca, altrimenti potremmo dare il libro con le pagine da studiare e basta.
Come vi sentite adesso?
Spersi, molto spersi. Non sappiamo cosa succederà, non so come faremo a rendicontare questi soldi.
Avete sporto denuncia?
Certo, il rettore dell’Università Gianluca Vago insieme al direttore del dipartimento di Scienze biomediche del Cnr, Tullio Pozzan, hanno denunciato gli aggressori. Ora però non sappiamo come riprenderci da questa invasione.
Gli animalisti sostengono che vivisezionate gli animali e li trattate con crudeltà.
Questa gente non è informata. Non sono mai venuti a controllare quello che facciamo. La sperimentazione animale è totalmente controllata, più di quella sugli uomini. Prima di partire con la ricerca dobbiamo fornire documentazione su tutto. La vivisezione non avviene mai, gli interventi sono fatti in anestesia. E poi basta parlare di crudeltà. Faccio un esempio: negli anni passati abbiamo fatto analgesia, cioè testato farmaci che leniscano il dolore. Per fare questo dobbiamo dare uno stimolo algico: mettiamo un topo su una piastra scaldata a 45 gradi, la temperatura che c’è in estate, e quando comincia a sentire troppo caldo alza la zampa. Noi calcoliamo i secondi, quanto ci mette ad alzare la zampa ma non provochiamo una scottatura, perché se lo facessimo poi non potremmo più utilizzare il topo, al di là del fatto etico. Non esiste la crudeltà sugli animali, ci sono leggi precise e protocolli da seguire. Le Asl ci controllano. Questa gente non è informata e poi è chiaro che fa più notizia dire che noi siamo crudeli. Ma se pensiamo a quei poveri extracomunitari che stanno chiusi in luoghi inaccettabili, posso assicurare che i nostri animali stanno molto meglio. Sono curati, le lettiere vengono cambiate regolarmente, mangiano secondo diete particolari.
Come stanno ora gli animali del vostro laboratorio?
Male, il risultato di questa invasione è che quando abbiamo cercato di ripristinare lo stabulario quei poveri animali erano stressatissimi, aggressivi, violenti. Gli animalisti li hanno spaventati.
Non potete fare esperimenti senza usare gli animali? Ci sono le colture cellulari.
La cura per la persona non può prescindere dalla sperimentazione animale. Noi le facciamo già le prove in vitro sulle cellule ma l’organismo è composto da più cellule che collaborano tra di loro. Bisogna andare sull’animale vivo per vedere che cosa succede dopo una sperimentazione preliminare in vitro. Prendiamo i farmaci: un farmaco può funzionare ma se non viene assorbito è inefficace. Quando lo provo in vitro, glielo sciolgo dentro direttamente, ma quando lo prendo per bocca che cosa succede? Devo per forza vedere il percorso che fa nell’organismo. Oggi l’uso dell’animale è molto diminuito ma resta imprescindibile.
Chi è più importante tra l’uomo e l’animale?
Non è una domanda banale, per alcuni l’animale è più importante. Queste persone sono un po’ utopistiche. Per dire, sono appena tornata da Londra, dove c’è un allarme di epidemia di morbillo perché molti genitori sono contro l’uso delle medicine e non hanno vaccinato i loro figli. Un ragazzo di 25 anni è morto di morbillo. Ma ci rendiamo conto che all’inizio del secolo scorso la vita media era 35 anni e oggi è 80? Che cosa faremmo senza gli antibiotici? Moriremmo per qualunque banale infezione.
Avete ricevuto solidarietà?
Molta, anche dall’estero. Ci hanno scritto giornalisti del Wall Street Journal, Nature news ha fatto un articolo su di noi. Poi finalmente c’è stata domenica una contromanifestazione fatta da ricercatori e studenti, i pro-test (foto in basso a sinistra), per contrastare questi utopisti.