Sono passate due settimane dall’inizio della campagna elettorale di George W. Bush e il suo entourage è di ottimo umore. Il figlio dell’ultimo presidente repubblicano, lui stesso governatore del Texas, è in questo momento il candidato più amato dai media e dagli americani: se l’America dovesse infatti recarsi in questi giorni alle urne per eleggere il prossimo presidente, il primo del nuovo millennio, Bush straccerebbe ogni suo avversario.
L’uomo chiamato “W”
Le statistiche dicono che gode di un vantaggio di 15 punti rispetto al vice presidente Al Gore, che Bush ha seminato la sua rivale repubblicana Elizabeth Dole con un distacco quasi irraggiungibile di 50 punti e che, tra l’elettorato repubblicano, gode di un supporto uguale a quello concesso a tutti i suoi undici avversari di partito messi insieme. Il momento, insomma, è magico per questo texano che ormai, sui giornali e nelle chiacchiere da salotto, viene semplicemente chiamato “W.”, come l’iniziale del suo secondo nome, l’unico particolare che lo distingue da suo padre. Ma le differenze tra W. e il padre, sono notevoli. Se Bush senior aveva perso le elezioni contro Bill Clinton per essersi guardato l’orologio durante una tribuna politica televisiva, dimostrando di non aver più voglia di sacrificarsi per comandare il destino dell’America, suo figlio invece ha entusiasmo politico da vendere.
W. ha uno slogan vincente, “sono un conservatore, ma con un cuore”, e un team al quale partecipano donne, neri e molti latinos, facendo una politica bilingue visto che i sociologi prevedono che entro il 2010 gli ispanici occuperanno oltre il 70% della popolazione del Texas e della California. Al grido di “Juntos podemos!”, puntando a contraddire il mito americano che prevede che le dinastie presidenziali non abbiano successo: solo il figlio del secondo presidente americano, John Adams, aveva infatti finora vinto la corsa alla Casa Bianca, diventando il presidente John Quincy Adams. Intanto i repubblicani corrono ad Austin a offrirgli contributi elettorali, mentre le donne ne rispettano la neutralità sulla dolorosa questione dell’aborto e le minoranze vedono in lui un candidato multicolore. Sulla scia dello scivolone morale di Clinton e dell’affare Monica, W. ha capito subito che doveva mettere le mani avanti. Per questo W. ha descritto la sua redenzione, in tutti i particolari: all’alba di un giorno di 12 anni fa, il giorno dopo il suo quarantesimo compleanno, quando si era svegliato all’hotel Bradmore, a Colorado Springs, dopo aver trascorso la notte a gozzovigliare con alcuni amici, con la testa gonfia dall’alcol, George Bush aveva deciso di cambiare vita: “Avevo trascorso anni esagerati, nessuno mi fermava: uscivo, bevevo e non ne avevo mai abbastanza. Chiedetelo ai miei amici e vi diranno che non ero un bello spettacolo… chiedetelo a mia moglie e ve ne racconterà delle belle…”. Aveva raccontato al New York Times uno studente di nome George W. Bush che festeggiava, inseguiva le donne, e in quanto a droghe la partita è ancora aperta. Adesso che ha compiuto 52 anni, e che la Casa Bianca si avvicina, ha ammesso subito, per non ripetere l’errore di Clinton, di non essere stato perfetto: “A differenza di Bill, io dai miei errori ho imparato una lezione”.
Bush come Berlusconi?
Così come ha imparato ad usare la grande macchina dei sondaggi: “La strategia di W.? Prima fai un sondaggio su una questione sociale, le scuole, l’educazione, le tasse, e poi immediatamente metti il tuo team di esperti al lavoro per dire alla gente quello che vuole. Sondaggio e risposta, ecco la sua strategia” – dice un giornalista democratico che non lo ama, ma W. ha anche dalla sua la grande macchina del successo politico americano: la raccolta di fondi. Ricchi repubblicani, uomini d’affari, vecchi conservatori e nouveau riche latinos stanno riversando milioni di dollari nelle sue casse e presto raggiungerà un budget di 40 miliardi di lire che ne faranno un candidato ricchissimo e pronto a investire in una campagna pubblicitaria senza precedenti, annunciando che le sue attenzioni andranno subito ai tagli fiscali e ad un aumento delle spese militari. Gli sgravi del fisco, dice, aiuteranno l’economia, mentre il Pentagono ha bisogno di nuove armi in un mondo di inaspettati Kosovo e di nuovo terrorismo internazionale. Finora W. non ha degnato d’attenzione lo scandalo Clinton e ha attaccato Al Gore solo con una battuta, che a Miami ha raccolto grandi applausi: “Se lui ha inventato questo benessere economico, io ho inventato Internet”, ma nessuno si aspetta di vedere una corsa alla Casa Bianca senza colpi di scena. Ci sono o non ci sono scheletri nell’armadio di un ragazzo cresciuto alle spalle di un padre presidente? E perché W. non vuole parlare apertamente delle droghe? “Quand’ero giovane e irresponsabile ero giovane e irresponsabile” – ha risposto a un giornalista del settimanale Newsweek. E forse non sarà il suo passato ad affondarlo, ma il suo tallone d’Achille: la politica estera; forse non basterà il fatto che abbia assunto Condoleeza Rice, grande consigliere politico di suo padre e forse la miglior esperta americana dell’ex Unione Sovietica. Pochi giorni fa, W. ha definito gli abitanti di Timor “timorei” invece di timoresi e ha confuso la Slovacchia con la Slovenia. Ma poi ha sorriso: “Ho ancora molto da imparare, ma se mi eleggerete sarò pronto, oh se sarò pronto…”.