Era una sera del 2003, quando tra i carruggi di Genova, in una pizzeria, scoppiò una lite tra il gestore di una pizzeria e un commerciante: quest’ultimo sosteneva che il pizzaiolo non lo avesse pagato per alcune vendite. Il gestore della pizzeria, invece, raccontò che il commerciante lo aveva ingiustamente minacciato, e lo denunciò per estorsione. Un pubblico ministero, allora in servizio nel capoluogo ligure, ha aperto un fascicolo per quell’inchiesta, che raccoglieva le poche pagine con le dichiarazioni del pizzaiolo.
DIMENTICANZE BUROCRATICHE. In un paese normale, dopo la denuncia, la macchina giudiziaria avrebbe dovuto mettersi immediatamente in moto per verificare se il presunto colpevole avesse davvero commesso il reato. Invece il fascicolo di questa storia genovese si è smarrito negli ingranaggi del tempo della burocrazia nostrana. È passato di mano in mano da un pm all’altro, dentro la procura di Genova, via via che i responsabili dell’inchiesta venivano trasferiti.
Nel 2011, otto anni dopo la denuncia, è parso che qualcosa si fosse finalmente sbloccato quando il pm ha ritenuto il commerciante colpevole e ha chiesto che venisse rinviato a giudizio. Sono passati invece ancora quasi due anni di silenzio. Finalmente a settembre scorso, il giudice delle indagini preliminari ha convocato imputato e accusatore e i loro avvocati.
Ed è stato così che si è scoperto che il commerciante accusato, dimentico dei tempi della giustizia italiana e dei conti che lasciava in sospeso, è morto. Solo che nessuno in tribunale o in procura si è preso la briga di verificare e l’avvocato difensore dell’imputato lo ha potuto notificare solo ora. In questi giorni il giudice per l’udienza preliminare, Adriana Petri ,ha messo la parola fine al fascicolo dimenticato, con la sentenza di estinzione del reato per morte del reo.