Oggi si concluderà la prima tranche del procedimento concorsuale che mette sul piatto più di 11mila docenze nella scuola di Stato. Si sono presentati all’esame – interamente informatico – circa 320 mila candidati. Un passo deciso e reale nello sbrogliamento di un’antica matassa – quella che lega abilitazione, graduatorie, reclutamento, scuole e sindacati – o uno specchietto per le allodole che non muta la sostanza del problema? Tempi.it ne discute con Fabrizio Foschi, presidente dell’associazione Diesse.
Si sta per concludere la prima fase del concorsone. Tutto è proceduto per il verso giusto?
A livello tecnico non mi risulta ci siano stati inconvenienti, anche grazie alla collaborazione di tante scuole, di tanti docenti e del personale tecnico addetto ai laboratori informatici. Questo è un successo per il ministro. Mancano ancora una prova scritta ed una orale.
Com’è andato?
Per quanto riguarda i risultati, il concorso l’ha passato soltanto un terzo di chi si è presentato. Tuttavia, penso che la cosa più preoccupante sia la partecipazione: due terzi dei candidati – circa 214 mila – non erano in lista nelle graduatorie a esaurimento. Provengono da fuori lista, ciò significa che o sono abilitati non inseriti in graduatoria o sono non-abilitati. L’articolo 2 del bando permetteva di partecipare al concorso anche ai non abilitati, purché laureati entro il 2001-2002 in corsi quadriennali o entro il 2002-2003 se laureati in corsi quinquennali. In sintesi, un concorso che si è tenuto per favorire lo svuotamento delle graduatorie ha di nuovo aperto la porta a personale non abilitato che, se risulterà vincitore, potrà acquisire l’abilitazione. Ed è una grossa contraddizione: non si capisce per quale motivo non hanno aperto il concorso a chi si sta abilitando con il Tfa.
È previsto un nuovo concorso?
Sì, in primavera, ma bisogna vedere se la realtà politica lo vorrà. Personalmente, credo sarà difficile. In caso, mi auguro che accanto all’indizione regolare di un nuovo concorso si metta mano pure al sistema di reclutamento. Fare concorsi è positivo. Tuttavia, rimangono dei dubbi. Se due terzi dei candidati sono extra graduatorie, ciò vuol dire che in questi anni hanno fatto altro rispetto all’insegnamento. E la scuola si riempirà di personale che non qualificato.
Alcuni aspiranti hanno lamentato un certo pressapochismo nelle domande dei quiz…
La prova quiz in quanto tale qualifica poco l’insegnante. Forse quella più competente a trovare un candidato idoneo all’insegnamento è la sezione sulla comprensione del testo. Per quanto riguarda le domande sulla lingua straniera e sulle capacità digitali, c’è un’estrema varietà dei pareri. C’è chi dice che erano fattibili, chi molto difficili.
Gli iscritti al concorsone hanno superato i 300 mila. Una cifra stratosferica di precari e aspiranti insegnanti. Non è forse che l’intero sistema di reclutamento sia troppo antiquato per l’attuale situazione sociale?
La politica ministeriale lo sta comprendendo. Un conto è abilitare, un conto è mettere cattedre a concorso. Esso viene emesso sulla base delle reali necessità: ad esempio, dal prossimo settembre ci sono circa 11 mila cattedre disponibili. Ma da chi verranno coperte? Da giovani insegnanti o da persone che si trovano a insegnare come ripiego. La separazione tra abilitazione e reclutamento è già stata fatta. E il concorso, in questo senso, ha aperto le porte, ma rimane estremamente vecchio dal punto di vista dei contenuti.