In una conferenza stampa «alla luce del sole», su un terrazzo a due passi dalla Stazione Centrale di Milano, il senatore del Nuovo centrodestra Roberto Formigoni, ha risposto punto su punto alle errate ricostruzioni giornalistiche secondo cui la procura gli avrebbe sequestrato preventivamente, nell’ambito dell’inchiesta Maugeri, immobili e conti correnti per un totale di 49 milioni di euro. «Notizia falsa», confida Formigoni a tempi.it, «perché io tutti quei soldi non li ho mai avuti. Tanto è vero che mi hanno sequestrato solo tre autovetture, una Panda, una Multipla e una Mito, oltre a un conto corrente in rosso di 75 mila euro, anche per via delle spese sostenute per pagare gli avvocati, e a uno che per il momento ha un attivo di soli 18 euro. Sono, infatti, in attesa che il Senato mi paghi il prossimo stipendio».
Di chi sono, allora, tutti quei soldi?
Non lo so e non sono certo io a doverlo spiegare; ma, secondo quanto si legge nell’ordinanza della procura, si tratterebbe di fatture emesse da diversi soggetti, a partire dal 1997, per un importo totale pari a 49 milioni di euro, di cui, oltretutto, 25 milioni sarebbero già stati sequestrati. Fatture che spetta ai giudici valutare se siano regolari o meno, ma delle quali, per certo, nessuna corrisponde al mio nome. Il mio nome, invece, è stato ingiustamente inserito in tutta questa vicenda per opera di una ricostruzione in parte falsa in parte volta a screditare con intento calunniatorio sia la mia persona sia il mio operato politico di anni in Regione Lombardia. Mi permetto, a proposito, di farle notare un particolare: il comunicato costruito in ambienti grigi tra le procure e le redazioni delle principali agenzie stampa è stato consegnato alle redazioni dei giornali di prima mattina, prima ancora di recapitarlo al diretto interessato, in aperta violazione delle leggi italiane.
I giornali parlano anche di 8 milioni di euro che avrebbe ricevuto sotto forma di presunte «utilità». Non li ha mai avuti?
No. Così come non ho mai intascato un solo centesimo di euro, nemmeno ho ricevuto alcuna di queste famose utilità. Né le barche, che non sono mie e sulle quali avrò trascorso al massimo qualche week end, né le casa, dove sono stato un anno in vacanza e non è mia, né le cene, alle quali sono stato invitato e dove, pertanto, ho mangiato per uno e basta. E poi, mi scusi, ma negli atti il nome di Roberto Formigoni compare solo a partire dal 2006, mentre le fatture sono datate a partire dal 1997. Sarei fesso se avessi architettato tutto questo da me per poi non ricevere compensi per un intero decennio. Ma non l’ho fatto e tutte queste assurdità, non fanno altro che confermare la “fantasmagoricità” dell’impianto accusatorio.
Questo è l’ennesimo processo che la vede coinvolto. È mai stato riconosciuto colpevole?
No. È il quattordicesimo avviso di garanzia che ricevo da quando ho fatto il mio debutto alla guida di Regione Lombardia; eppure tre istruttorie sono cadute in prescrizione e dalle altre accuse sono sempre stato assolto. Persino da quell’accusa assurda in cui si era sostenuto che fossi stato io a produrre lo smog in Lombardia. Ora lo smog è aumentato, ma non mi risulta che ci sia alcun processo in corso. Ripeto, si tratta né più né meno che di un tentativo di gettare discredito sulla mia persona e sul mio operato in politica, quasi per provare a convincere gli italiani che l’eccellenza lombarda non esiste e non sia mai esistita. Gli abitanti della Lombardia avrebbero vissuto per anni in un sogno.
Nessun “sistema tangenti” sulla sanità, dunque?
Nessuno. Anche perché le 15 delibere della giunta regionale che sono finite nel mirino della magistratura, a parte il fatto che sono state votate dalla maggioranza e non da una sola persona, sono già state sottoposte al vaglio di tre magistrature che le hanno giudicate come perfettamente corrette: il Tar, la Corte dei Conti e il Consiglio di Stato. A conferma che la sanità lombarda è e rimane un modello di riferimento per tutto il Paese. Se mai ci dovessero essere casi di corruttela nella sanità, forse, sarebbe molto meglio cercarli in quelle Regioni dove il bilancio in materia è fortemente in rosso da anni perché hanno speso più di quello che lo Stato ha dato loro e che si sarebbero potute permettere.