Caro direttore, durante l’udienza di mercoledì 16 settembre il papa ha detto: «Esistono molti luoghi comuni, a volte persino offensivi, sulla donna tentatrice che ispira al male. Invece c’è spazio per una teologia della donna che sia all’altezza di questa benedizione di Dio per lei e per la generazione. (…) La donna, ogni donna, porta una segreta e speciale benedizione per la difesa della sua creatura dal maligno, come la donna dell’Apocalisse che corre a difendere il figlio dal drago e lo protegge». Durante l’udienza di mercoledì 29 aprile, riferendosi alla diminuzione dei matrimoni e alla crisi della famiglia, aveva detto: «Molti ritengono che il cambiamento avvenuto in questi ultimi decenni sia stato messo in moto dall’emancipazione della donna. Ma nemmeno questo argomento è valido. È una ingiuria. È una forma di maschilismo: l’uomo che sempre vuol dominare. E maschilismo è anche la brutta figura di Adamo quando Dio gli chiese perché aveva mangiato la mela e lui rispose che gliela aveva data Eva: la colpa è sempre della donna, povera donna! Dobbiamo difendere le donne».
L’avesse mai detto! I cattolici del sempre più vasto fronte anti-Bergoglio, fra i quali spiccano i cosiddetti tradizionalisti, si son stracciati le vesti: “L’anti-papa ha contraddetto apertamente San Paolo, sant’Agostino e altri dottori della Chiesa, che unitamente affermano che Eva è tentatrice”. Prima di entrare nel merito del tema di “Eva tentatrice”, vorrei semplicemente fare notare che, quando parla della condizione femminile, papa Francesco non dice nulla di più e nulla di meno di quello che Giovanni Paolo II ha messo per iscritto nell’enciclica Mulieris dignitatem, ma a nessuno è mai passato per l’anticamera del cervello di tacciare papa Woytila di eresia, al contrario lo vogliono tutti “santo subito”. Commentando le parole che Adamo disse in sua discolpa nel giardino dell’Eden, Giovanni Paolo II spiega che, a causa del peccato originale, l’uomo ha la tendenza a scaricare sulla donna gran parte delle sue colpe, in primo luogo quelle carnali. A leggerla bene, sulla Bibbia non c’è scritto che Eva è tentatrice: c’è scritto che Adamo, subito dopo avere peccato, ha inventato il mito autoassolutorio di “Eva tentatrice”: «La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Dal momento che affonda le radici nella piaga che il primo peccato ha aperto in ogni cuore, questo mito è duro a morire e probabilmente non morirà mai del tutto, ma bisogna lo stesso combatterlo. Tuttora, non pochi cattolici faticano ad ammettere che la colpa di ogni atto di lussuria compiuto da due adulti consenzienti di sesso opposto ricade su entrambi in uguale misura e che la colpa di ogni stupro ricade intera sullo stupratore, anche se la vittima porta la minigonna.
Ma è vero che san Paolo, sant’Agostino e numerosi altri santi e dottori hanno avvalorato il mito di Eva tentatrice? Ora, le parole uscite dalla bocca e dalla penna di santi e dottori vissuti secoli addietro bisogna saperle interpretare in maniera corretta, anche tenendo conto del contesto storico e culturale in cui sono state pronunciate. Si suppone che un papa le conosca più approfonditamente di chiunque altro e le sappia interpretare meglio di chiunque altro, dal momento che certi studi li ha dovuti fare e dal momento che lo Spirito Santo non permette al vicario di Cristo di dire sciocchezze. Se Giovanni Paolo II prima e Francesco dopo hanno condannato il mito di “Eva tentatrice”, significa che in mezzo a tutti gli scritti dei dottori e dei santi non sono riusciti a trovare un solo argomento convincente a favore di esso. Ma è bene sottolineare più e più volte che né Woytila né Bergoglio hanno mai neppure insinuato che le donne sono più innocenti degli uomini. La banale e disarmante verità è che sia donne che uomini hanno il peccato originale e quindi né donne né uomini sono senza peccato. E siccome uomo e donna sono diversi, anche le loro rispettive inclinazioni peccaminose sono (leggermente) diverse. D’altra parte, non si può capire perché il primo serpente ha ingannato prima lei e poi lui attraverso lei se non si tengono presenti le differenze psicologiche e mentali fra lui e lei. Prima di sproloquiare sulla necessità di mettere a tacere le donne ripetendo qualche frase paolina decontestualizzata, sarebbe bene leggersi attentamente Mulieris dignitatem e La donna di santa Edith Stein, testo da cui Woytila ha attinto a piene mani.
Ma adesso concentriamoci solo sul peccato carnale, visto che è sempre lì che si va a parare. I cattolici tradizionalisti tendono a dimenticare troppo facilmente che il verbo “sedurre” può anche avere un soggetto maschile. Se la donna ha un potere di seduzione sull’uomo, anche l’uomo ha un potere di seduzione sulla donna. Secondo un luogo comune troppo radicato per non avere un fondo di verità, non è l’uomo ad essere “preda” e non è la donna ad essere “cacciatrice”. E d’altra parte, nella storia della letteratura occidentale le figure delle seduttrici non sono poche ma le figure delle “sedotte e abbandonate” sono molte di più. Pensiamo solo a quel professionista della seduzione e dell’abbandono cui Mozart dedicò una delle opere più belle di tutti i tempi: don Giovanni. Sommate insieme, tutte le “prede” di sesso maschile collezionate da tutte le seduttrici letterarie e musicali messe insieme, dalla omerica maga Circe alla dodecafonica Lulu, dalla settecentesca Manon Lescaut all’ottocentesca Carmen, più tante altre, sono molto meno numerose delle “prede” di sesso femminile collezionate dal solo don Giovanni: «In Italia seicento e quaranta; In Alemagna duecento e trentuna; Cento in Francia, in Turchia novantuna; Ma in Ispagna son già mille e tre» (dal libretto del Don Giovanni di Mozart). In realtà, non c’è bisogno di tante letture per realizzare che, nella poco nobile arte della tentazione, “Eva tentatrice” non può competere con “Adamo tentatore”. Oltre ad essere più potente, quest’ultimo ha la libertà di agire impunemente, senza temere di rovinare la sua reputazione morale. Infatti da che mondo è mondo, alla seduttrice si affibbiamo aggettivi poco lusinghieri, che alludono al mestiere più antico del mondo, mentre il seduttore è guardato con ammirazione dagli altri uomini.
Se la seduzione che l’uomo esercita sulla donna può essere molto più profonda di quella che la donna esercita sull’uomo, tuttavia la seduzione femminile ha, diciamo, una “presa” molto più rapida. Non hanno torto quanti invocano la necessità di ridefinire con chiarezza i confini fra buon gusto e cattivo gusto nella moda femminile e invitano le donne a non oltrepassarli. Infatti alle donne non è concesso di ignorare che, se “mostrano” più del dovuto, possono apparire troppo “provocanti” agli occhi degli uomini ossia provocare in loro reazioni non solo psichiche che compromettono la loro tranquillità. Ma sia chiaro che neppure la “provocazione” più estrema può fornire delle attenuanti ai peccati maschili. Se la causa prima di ogni atto di lussuria maschile dovesse essere cercata nelle “provocazioni” femminili, allora laddove le donne sono costrette a tacere, a tenere lo sguardo basso e a fare sparire la maggior parte delle loro persone sotto pesanti tendaggi, gli uomini dovrebbero essere tutti dei campioni di temperanza. Concretamente, nei paesi dello chador e del burqa dovrebbero esserci meno molestie e meno stupri che nei paesi della minigonna e dei tacchi a spillo. E invece pare proprio di no. Bisogna premettere che nei paesi del Medio Oriente solo una infima parte dei reati sessuali viene denunciata, in quanto le autorità locali tendono a scusare gli stupratori e a mettere le donne stuprate sul banco degli imputati, talora sul patibolo (appunto, il mito maschilista di Eva tentatrice è presente anche nelle culture non cristiane, dove ovviamente prende altre forme). Sebbene dunque sia difficile quantificare con precisione il tasso percentuale di molestie e stupri su donne e bambine nei paesi del Medio Oriente, l’Oms assicura comunque che è molto alto, sicuramente più alto che nei paesi occidentali. Per dirne solo una, in Egitto è stato necessario separare uomini e donne sui mezzi pubblici per contenere almeno un poco l’epidemia di molestie sulle donne. Infatti gli uomini da quelle parti ritengono che le donne che osano uscire di casa senza parenti maschi al seguito non meritino nessun rispetto anche se portano lo chador. E se volete sapere quanto sono temperanti e rispettosi delle donne gli uomini iraniani, chiedetene a Giulia Innocenzi. La scorsa estate ha imparato a sue spese che, se sei donna, in Iran non basta coprirsi dalla testa ai piedi e rispettare gli usi e i costumi locali per non essere trattata come una bestia da monta dagli autoctoni.
Non sai se ridere o piangere quando ti rendi conto che in giro ci sono tradizionalisti cui l’oscurantismo misogino della maggior parte dei paesi extra-occidentali appare come “attaccamento agli eterni valori della tradizione” mentre la parità occidentale fra uomo e donna appare come fonte di corruzione. “Quando alle donne si concede troppa libertà, la civiltà comincia a dissolversi”. Forse papa Francesco aveva in mente proprio loro quando ha detto: «Molti ritengono che il cambiamento avvenuto in questi ultimi decenni sia stato messo in moto dall’emancipazione della donna. Ma nemmeno questo argomento è valido. È una ingiuria. È una forma di maschilismo».
Chi ancora pensa che il divorzio, l’aborto, la fecondazione assistita e magari anche l’eutanasia siano frutti del femminismo, dovrebbe leggersi almeno la testimonianza rilasciata a Tempi da Maurice Caillet, un ex massone ora convertito al cattolicesimo. Caillet, che è stato per molti anni Maestro Venerabile di una delle più antiche e importanti logge del Grande Oriente di Francia, rivela che la massoneria, da sempre ben radicata all’interno di tutti i parlamenti e i governi europei, ha dato un contributo determinante all’introduzione di tutte le leggi che favoriscono la “rivoluzione sessuale” e la “secolarizzazione”, dalla legge sul divorzio a quella sull’aborto, dalla legge sulla fecondazione assistita a quella sulla manipolazione degli embrioni. L’intervistatore chiede: «Lei parla esplicitamente del “maschilismo della massoneria”. Ma se la massoneria è maschilista, dovrebbe essere maschilista, per esempio, anche la legge sull’aborto. E come la mettiamo con la storia della “liberazione della donna”?». Caillet risponde: «Non c’è tutta la contraddizione che si potrebbe credere tra il maschilismo delle obbedienze massoniche maschili e la cosiddetta liberazione della donna. Il punto che accomuna le due cose è la volontà di sbarazzarsi di tutti gli ostacoli alla possibilità per l’uomo di approfittare delle grazie femminili senza alcun vincolo. Le obbedienze femminili, minoritarie, hanno inseguito la libertà sfrenata senza valutare le conseguenze per la loro femminilità e la loro reale indipendenza» (Pietro Piccinini, “Ero massone. Storia di Maurice Caillet, l’ex venerabile convertito al cattolicesimo grazie a Lourdes”, Tempi, novembre 21, 2014).
In parole povere, i “maschilisti” della massoneria hanno fatto credere alle femministe della massoneria che la “rivoluzione sessuale” con tutti i suoi cascami (divorzio, aborto eccetera) contribuisse a consolidare la “parità” fra i sessi, mentre in realtà questa rivoluzione, che meglio si chiamerebbe involuzione, rende le donne più vulnerabili in quanto permette agli uomini di comportarsi con loro in maniera irresponsabile (“approfittare delle grazie femminili senza alcun vincolo”). Non a caso, la miccia della rivoluzione sessuale l’hanno accesa due uomini: l’austriaco Wilhelm Reich (1897-1957), di cui Del Noce parla diffusamente in L’erotismo alla conquista della società e l’americano Alfred Kinsey (1894-1956), autore del celebre, omonimo rapporto.
L’involuzione sessuale degli anni ’60 ha fatto più male alle donne che agli uomini. Sono entrate nella leggenda le parole che una ragazza pronuncia in un filmato in bianco e nero della fine degli anni ’60 o dei primi anni ‘70: «Quando occupiamo l’università i ragazzi ci dicono: se non me la dai sei fascista». E in effetti, non poche femministe storiche sospettavano che essere troppo anti-fasciste con gli uomini significasse farsi usare da loro come donne di piacere a costo zero. Per ogni femminista che invitava le donne a liberarsi dai “tabù” sessuali di freudiana memoria ed abbandonarsi liberamente ai piaceri della carne, ce n’era un’altra che invitava le donne a non concedersi troppo facilmente agli uomini, cui venivano affibbiati appellativi suini (“maschi porci”); per ogni femminista che guardava con favore alla pornografia e invitava le donne ad usarla come strumento di liberazione dai tabù di cui sopra (vedi la pittoresca Erica Jong), ce n’erano almeno due che la condannavano senza appello. Molte femministe, a partire dalla americana Catharine MacKinnon, si erano infatti accorte che la pornografia offre una immagine degradata della donna. Tutti gli studiosi confermano che nell’universo pornografico gli uomini appaiono come padroni e le donne come schiave accondiscendenti, non di rado come vittime di violenza (cfr. Renato Stella, L’osceno di massa. Sociologia della comunicazione pornografica, Franco Angeli editore, 1991). Insomma la pornografia è tutto fuorché femminista, dal momento che le femministe vogliono essere tutto fuorché schiave o vittime dei “maschi padroni”. I non pochi cattolici che si ostinano a credere che lo tsunami pornografico che sta sommergendo le anime degli adolescenti sia stato scientemente scatenato dalle donne in carriera, dovrebbero dunque dare un’occhiata agli studi scientifici sull’argomento.
Riepilogando, il femminismo non è responsabile di ogni male dell’Occidente contemporaneo ma comunque di danni ne ha fatti parecchi. Ma a dire il vero, non esiste neppure un femminismo: esistono tanti diversi femminismi. C’è un femminismo ateo e materialista ma c’è anche un femminismo cattolico. Se il primo ha fatto molto male a tutti, il secondo ha fatto molto bene sia alle donne che agli uomini. A grandi linee, il femminismo ateo-materialista pretende di contrapporsi al maschilismo ma in realtà è una conseguenza del maschilismo anzi è esso stesso una forma di maschilismo. Che cosa dicono infatti le femministe-maschiliste, se non che le donne devono comportarsi come gli uomini? Il femminismo-maschilista vorrebbe sopprimere scientificamente tutto ciò che è tipicamente femminile, in primo luogo l’istinto materno: Simone de Beauvoir chiedeva che le donne fossero obbligate con la forza a stare tutto il giorno fuori casa, lontane dai figli, mentre oggi Elisabeth Badinter in Francia se la prende con le donne che allattano al seno.
Se il femminismo ateo-materialista-maschilista vuole trasformare le donne in uomini, invece il femminismo cattolico vuole che le donne siano pienamente donne, allo stesso tempo diverse e uguagli agli uomini. Diverse per struttura fisica e mentale, uguali per dignità. Il femminismo cattolico di Edith Stein è dunque l’unico vero antidoto al maschilismo, in quanto non denigra ma esalta tutto ciò che è tipicamente femminile, in primo luogo l’istinto materno. Il femminismo cattolico non dice né che la donna deve occuparsi solo della famiglia né che deve trascurare la famiglia per fare carriera. Dice che le donne devono occuparsi della famiglia, se ce l’hanno, ma devono anche trovare il tempo per coltivare i loro talenti intellettuali e donarne i frutti alla società. In altri termini, è bene che siano presenti in ogni ambito della società, a partire dalle istituzioni politiche. Come un essere umano per vederci bene ha bisogno di due occhi, così la società per funzionare bene ha bisogno sia dell’occhio femminile sia dell’occhio maschile: le donne notano ciò che gli uomini non notano e viceversa. Una società senza donne sarebbe orba tanto quanto una società senza uomini. Proprio in quanto sa che la società ha bisogno delle donne, il Papa chiede che siano equamente trattate sul piano economico e aiutare a conciliare impegni lavorativi con gli impegni domestici: «Perché per le donne è scontato che devono guadagnare di meno degli uomini? No, lo stesso diritto! La disparità è un puro scandalo» (dal discorso pronunciato durante l’udienza di mercoledì 29 aprile 2015).
Nel Medioevo cristiano gli uomini lo avevano capito che c’era bisogno delle donne non solo in casa ma anche fuori casa, in ogni ambito della società, tanto è vero che non vietavano alle donne di parlare in pubblico, di studiare e di esercitare i più vari mestieri (a questo proposito, consiglio la lettura di La donna al tempo delle cattedrali di Régine Pernoud). San Paolo voleva che le donne tacessero, ma Santa Caterina da Siena, santa Giovanna d’Arco e Isabella di Castiglia, per citarne solo tre, non tacquero affatto. Santa Caterina si permetteva di scrivere a papi e re, Giovanna d’Arco guidava un esercito di uomini e Isabella di Castiglia governava una nazione intera. No, non dobbiamo tacere.