Oltre alle interviste che via abbiamo già segnalato, anche Filippo Facci scrive oggi di Antonio Simone. Lo fa sulla prima pagina di Libero, nella sua rubrica “Appunto”, intitolata “Grazie e ingiustizia”.
Facci, tra i pochi giornalisti italiani a potere vantare un pedigree integralmente garantista (un garantismo vero, non a corrente alternata, come quelli che siamo abituati a vedere in Italia), è un grande esperto di giustizia&giornali.
Oggi su Libero – a parte l’indicare Simone come ancora un politico, quando egli ormai non lo è più, proprio perché Tangentopoli ne troncò la carriera – scrive un commento che merita di essere riproposto: “Antonio Simone è un altro politico soggetto a un’assurda carcerazione preventiva che peraltro aveva già patito negli anni Novanta: sei assoluzioni più una prescrizione. Antonio Simone è un altro politico che lamenta lo stato pietoso delle carceri e che dice che bisogna fare qualcosa: la sua sincerità non è in discussione, ma c’è da chiedersi se dovremo aspettare, perché la classe politica divenga pienamente consapevole e faccia appunto qualcosa, prima che finisca in galera tutta quanta. Occuparsi dei galeotti non porta voti, abbiamo capito: ma ne porta ancor meno essere periodicamente costretti a indulti o amnistie solo perché altri governi hanno fatto i pesci in barile. In Commissione giustizia c’era un’occasione d’oro: la questione Sallusti offriva la possibilità di mettere mano a una celere depenalizzazione del sistema sanzionatorio (per liberare le carceri da accusati o da condannati per reati che non meritano la detenzione: non c’è solo il giornalismo) e invece hanno preferito isolare il caso di una categoria che certo non affolla le carceri italiane. Come altre volte, si rischia di trasformare un’opportunità in una fonte di divisione: il cretino che griderà alla “legge ad personam” è già in agguato, mentre la grazia presidenziale, come già accadde per Lino Jannuzzi, potrebbe restare la sola strada percorribile. Una toppa di altissimo livello”.