In Emilia-Romagna i consiglieri del Movimento 5 Stelle erano due, Giovanni Favia e Andrea Defrancheschi, e in poco più di un anno e mezzo hanno ottenuto 9 mila euro di rimborsi a testa per pranzi e cene di lavoro. Si sono così posizionati a metà classifica per quanto riguarda i rimborsi in spese alimentari ottenuti dalla politica regionale, dopo il Pdl (a quota 18 mila) e sopra il Partito Democratico (6 mila). È quanto si apprende dell’indagine condotta dalla Procura di Bologna sulle spese pazze della regione “rossa”.
SOLO 21-22 EURO AL GIORNO. «È la scoperta dell’acqua calda», le spese del Movimento sono tutte rendicontate e pubbliche, si è giustificato il capogruppo grillino, o meglio l’unico consigliere regionale rimasto ai 5 Stelle, Defranceschi. Turbato dall’indagine della magistratura e della Guardia di Finanza, il consigliere fedele a Beppe Grillo diffida i media faziosi e denuncia come «illazioni» le accuse della stampa: «18 mila euro per due consiglieri, considerando 21 giorni lavorativi al mese, fanno 21-22 euro a testa», ricorda all’Ansa, calcolatrice alla mano. Bazzeccole, dunque.
ALLA BOCCIOFILA. Il capogruppo del Movimento 5 Stelle sostiene che fra le spese per i pasti rendicontate dai due grillini fra il giugno 2010 al dicembre 2011 rientrano anche i pasti di tutti i dipendenti (che, però, ricordano i media locali, hanno i buoni pasto). Insieme agli aiutanti del “gruppo” (tra le 9 e le 11 persone, precisa Defranceschi) «mangiavamo o alla mensa o alla baracchina qui dietro o alla bocciofila». Pasti frugali, si intende, che però hanno poco che vedere con la vita spartana che i grillini emiliani avevano promesso di condurre una volta eletti, durante la campagna elettorale del 2010. «Non sono mai stato con i nostri dipendenti né ad Amalfi né a Venezia – prosegue Defranceschi-. E a parte due o tre trasferte, non ci sono cene, né pazze, né normali». In quale categoria dovrebbero rientrare i 500 euro al mese spesi in salamelle al baretto della bocciofila lo decideranno gli elettori.