Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Questo è, come si conviene a Boris, un breve proclama inattuale e trasgressivo. È un elogio dei modi antichi, a volte brutali, quando c’erano le rivolte contadine; ma anche generosi, quando l’avversario veniva affrontato come una persona, non un animale o peggio una cosa.
1) Rivolta del mondo contadino? In Russia abbiamo sopportato troppo i kolchoz, e non ci siamo ribellati, come invece capitava coi feudatari a cui ogni tanto facevamo la pelle, salvo essere poi scorticati. Ora mi informano che a Milano/Italia c’è la favolosa Expo dove si celebra l’agricoltura, la specificità ed eccellenza di questo e quel prosciuttino e formaggetto. Il ministro Martina decanta tracciabilità e unicità, rose e fiori, zucchini lussureggianti. E poi il fagiolo del Mato Grosso, come perderlo…
Ricevo una telefonata di Attilio, dalla Bassa bresciana. Ha la calma contadina, la pazienza da albero degli zoccoli. Dice: «Sono stufo di sentire il ministro dell’Agricoltura decantare la nostra agricoltura, e anche i rappresentanti di categoria, quelli grossi, compiacersi. Ma io qui vedo per la prima volta dopo 25 anni che vendo integratori per le bestie, nella terra più fertile d’Europa, che gli agricoltori sono stati in dubbio se seminare o no il mais! Lasciare vuota la terra! Una bestemmia! E infatti alla fine non potevano guardare le zolle scure stare lì a far niente e non tirar fuori le pannocchie dal seme. Ci rimetteranno. E piangevano seminando! E chi alleva vacche e vitelli e maiali sa di rimetterci, vuole chiudere ma non può, perché deve pagare l’Imu sui capannoni anche se chiude. E il latte arriva da Est tramite la Germania… Tracciabile il latte? Ma non fatemi ridere, è bianco, è sempre quello. E i prosciutti da maiali esteri, fatti arrivare qui per essere marchiati, e i contadini sono abbandonati. Ma nessuno sa queste cose. L’Expo non le dice». Le dice Boris, va bene? Mi verrebbe voglia di dire: ribellatevi, ma abbiamo già troppi venti di fuoco e di rabbia. La politica servirebbe a trasformare i bisogni e le pene in una risposta da dare insieme. Invece oggi, se qualcuno in Parlamento ripetesse le parole di Attilio sarebbe tacciato di gufo.
2) Scampoli di campagna elettorale. Il giovane Matteo Renzi è il moderno. La sua frase che mi è parsa coincidere con la sua idea della vita è questa: «Berlusconi è un biglietto scaduto». Questa magia della comunicazione per cui una persona è trasformata in cosa (in filosofia si direbbe reificazione) non è un errore delle parole, ma un crimine dello sguardo. La rottamazione era già perfetta come definizione della azione politica. L’altro è un rottame. Non solo la persona è identificata con una cosa, ma pure come una cosa indegna di circolare, impossibile da riparare, rimettere in sesto, come dice la canzone di Mogol-Battisti Sì, viaggiare. In fondo vivere è perdonarsi, rimettersi reciprocamente in carreggiata.
Berlusconi ha risposto accettando la metafora del biglietto, ma non ha ridotto Renzi al rango di cosa, gli ha detto: «Sei un portoghese, non hai pagato il ticket, sei entrato a Palazzo Chigi senza essere eletto». Dicono che Berlusconi è finito, eppure a me questa maniera antica di rispettare l’altro credo sia l’unica prospettiva per non morire nella poltiglia nichilista.
Anche quando ha raccontato di aver detto a Gheddafi: «Sei una bestia, ma ti addomesticherò», e di aver accettato il dono di tre cammelli. Ci vedo un’idea dell’altro come unicità misteriosa, persino se hai davanti un dittatore. E allora la politica va al di là della pur necessaria Realpolitik, ed è qualcosa che supera il machiavellismo e la volontà di potenza.
Dopo aver difeso gli agricoltori padani e Berlusconi, a Boris manca solo di difendere i rom, ed è pronto per il paradiso.
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