«Votate, votate, votate. Ho un solo messaggio per voi, dovete andare a votare». Barack Obama, ieri, davanti a 5 mila persone riunitisi nello stadio della Temple University di Philadephia, ha parlato delle elezioni di metà mandato. Lo ha fatto senza chiedere una sola volta un voto per il suo partito. Non per fair play o per neutralità istituzionale, ma semplicemente perché nessuno dei candidati democratici lo vuole come sponsor. Dall’altra parte, i repubblicani, forti dei sondaggi, con John McCain promettono: «Se vinciamo, manderemo truppe in Iraq, contro lo Stato Islamico».
OBAMA BOCCIATO. Domani negli Stati Uniti si vota per le elezioni di midterm. In palio c’è il controllo del Congresso. A determinare il risultato, secondo gli analisti, sarà la valutazione degli elettori nei confronti di Obama. Molto probabilmente, una sonora bocciatura.
Secondo Gallup l’”Obama factor”, il peso dell’operato del capo della Casa Bianca in queste elezioni di midterm, vale più del 50 per cento. Ciò significa che più della metà degli elettori americani si recherà alle urne per mandare un “messaggio” al Presidente e non per scegliere un senatore o un deputato. Stando all’ultimo sondaggio del centro di ricerca, Obama è sceso l’1 novembre al suo minimo storico, stabilendosi al 40 per cento. Ecco perché nessuno dei candidati democratici vuole essergli accostato.
TRUPPE IN IRAQ. I repubblicani hanno basato la propria campagna elettorale sull’accostamento fra Obama e i candidati democratici, concentrandosi sulla contestata amnistia agli immigrati irregolari e sulla riforma della sanità: a cinque anni dalla sua introduzione, secondo RealClearPolitics, soltanto il 38 per cento degli americani supporta l’Obamacare. Altri che hanno affondato il gradimento di Obama sono stati l’appiattimento alla agenda gay e la benedizione a un modello d’istruzione, visto come superficiale e centralistico dai cittadini.
L’ex sfidante di Obama, il senatore John McCain, da due settimane rincara la dose, accusando il capo della Casa Bianca di essere stato un pessimo presidente sul fronte della politica estera e militare. McCain lo ha definito «il più debole sul tema della sicurezza nazionale di tutta la mia vita». «Per mantenere una promessa elettorale ha ordinato il ritiro completo dall’Iraq, nonostante il Paese non fosse pronto», ha ricordato McCain, il 20 ottobre. Secondo il senatore repubblicano «servono le truppe sul terreno». L’idea è quella di continuare gli attacchi aerei e di mettere sul terreno 10, 15 mila uomini. Per farlo, ha spiegato il veterano della guerra in Vietnam, «dobbiamo togliere la maggioranza ai democratici al Congresso e mandare in pensione il loro leader Harry Reid, che ha guidato il Congresso meno produttivo nella storia degli Stati Uniti».
BASTANO 6 SEGGI. In palio nelle elezioni ci sono i 435 seggi della Camera dei Rappresentanti e 33 dei 100 seggi del Senato. I repubblicani dovrebbero mantenere la maggioranza alla Camera e probabilmente ottenerla anche al Senato, sfida-chiave per il controllo del Congresso. Al Senato i democratici mantengono una maggioranza di 10 senatori, compresi gli indipendenti. Per conquistare il Congresso, i repubblicani hanno bisogno di vincere in almeno sei degli 11 stati dove l’esito del voto non è scontato. Una sfida non impossibile. Anche se la vittoria dei senatori repubblicani di Kansas e Georgia è incerta, ci sono alte probabilità che la destra americana vinca in Kentucky, Arkansas e Sud Dakota; buone, in Iowa, Colorado e Alaska.