Mio caro Malacoda, non sottovalutare Papa Francesco. Non credere alla vulgata dell’immigrato sempliciotto che parla piemontese e torna nel paese dei nonni, usa un linguaggio alla portata di tutti, parla più con i gesti che con i ragionamenti, bacia bambini e ammalati e oltre alle persone ama anche la natura.
Dietro c’è del pensiero profondo. La semplicità è la conquista di chi sa combattere battaglie difficili, di chi nel duello invece di esaltare l’avversario sa individuarne il punto debole e ha l’arte sublime di esporlo al ridicolo. Ti faccio un esempio concreto e nello stesso tempo “alto”, una questione culturale che impegna il confronto secolare ma attualissimo tra concezione religiosa e laica del mondo. Non basta dire: credo in Dio, o negarlo. Perché il pensiero laico, che pur vive di trionfi quanto alle sue conseguenze (divorzi, aborti, eutanasia, matrimoni omosessuali, bambini in provetta, manipolazioni genetiche… si vive praticamente come se Dio non esistesse) non altrettanto può dire dei suoi successi teoretici. Il caso classico in cui l’espulsione dell’ipotesi di Dio dalla vita inciampa in aporie e contraddizioni è la questione della natura. L’affermazione di un naturalismo assoluto e senza trascendenza si combina con la negazione dell’esistenza di una natura data e soprattutto di una sua legge. La contraddizione, una volta innescata, si avvita su se stessa: si riconosce dignità di esistenza e dovere di rispetto a tutto ciò che è “naturale” in natura proclamandone l’intoccabilità, mentre si esalta il diritto di ogni artificio e intrusione, come se fosse la cosa più naturale del mondo, in quel livello della natura che è l’uomo.
Ci sono due posizioni intellettuali e morali dietro questo modo di pensare e agire: il nichilismo e il panteismo. La prima può spiegare significativamente l’idea dell’onnipotenza della tecnica su quel nulla che è l’uomo (cioè di alcuni superuomini su altri uomini), ma ha qualche difficoltà a comprendere l’amore per la natura e per “l’ambiente” se non relegandolo alla sfera del sentimento. Alla bisogna si presta meglio il panteismo, un laicismo che si veste di religiosità confondendo in questo caso sì i semplici con l’affermazione non che Dio è in tutto, ma che tutto è Dio. Questa piccola variazione semantica dà totale libertà, nel senso di assenza di legami, alla religiosità del singolo, la rende eterea, inafferrabile… e inutile.
Ecco, Papa Bergoglio ha detto tutto questo con una parola, “spray”. Efficace, riconducibile a un’esperienza quotidiana e facilmente memorizzabile: Dio non è uno spray. Riascoltalo: «Possiamo domandarci: “Abbiamo fede?”. “Sì, sì: io credo in Dio”. “Ma in quale Dio tu credi?”. “Mah, in Dio!”. Quante volte sentiamo questo “in Dio”. Un dio diffuso, un dio-spray, che è un po’ dappertutto ma non si sa cosa sia». Una cosa detta a braccio durante una predica? Vai a leggere pagina 97 del suo libro-intervista: «Un Dio che mi aspetta e mi ama, non un qualcosa di vago. Il panteismo nell’aria, tipo spray, non funziona. Alla lunga ha bisogno di plasmarsi un idolo e finisce così per adorare un albero, o per vedere Dio in un albero», o nella scienza, o nella tecnica o nella politica.
Diffida dei semplici, sono intelligentissimi.
Tuo affezionatissimo zio Berlicche