Parliamo di decrescita felice. Fin da ora mi scuso se in questa sede non potrò essere esauriente sui dati e sulle statistiche: non me lo permette lo spazio limitatissimo a mia disposizione, ma come al solito chi fosse interessato ad approfondire l’argomento può inviarmi una e-mail ([email protected]), e avrà risposta. Il ragionamento che sta alla base della certezza della decrescita è tanto semplice quanto errato: poiché nel mondo non sono disponibili risorse sufficienti per garantire lo sviluppo del benessere fin qui raggiunto, dobbiamo rassegnarci a decrescere, cioè a consumare meno, a viaggiare meno, ad acquistare solo beni prodotti nel nostro territorio: in una parola, a negare consumo e commercio, cioè le basi sulle quali è stato costruito il progresso dell’uomo, dall’età preistorica a oggi.
Una delle conseguenze di questo sragionamento è la retorica del cibo “a chilometro zero”, che se applicato impedirebbe a chiunque la pratica di mangiare meglio e in modo più economico, oltre a garantire qualche modesta risorsa aggiuntiva ai produttori. L’argomento per il quale c’è scarsità di risorse è risibile o frutto di malafede: le riserve di materie prime, nonostante l’aumento dei consumi, sono oggi mediamente di cinquanta/cento volte superiori a quelle accertate nel 1950; il petrolio, che secondo i menagramo incompetenti avrebbe dovuto esaurirsi entro il 1970, ha visto le riserve aumentare, al netto dei consumi, di oltre l’800 per cento; negli ultimi cinquant’anni la produzione di alimenti è più che raddoppiata; il loro costo si è dimezzato; potrei proseguire, ma invece di ascoltare tante parole sarà bene dare un’occhiata all’andamento medio della durata della vita, con particolare attenzione ai paesi più poveri, e soprattutto ai dati relativi alla mortalità infantile, che pur se ancora vergognosi sono comunque da decenni in drastica diminuzione.
Questi semplici fatti (fatti, non opinioni o suggestioni) dovrebbero indurre chi usa la testa non solo per tenere separate le orecchie ad alcune considerazioni semplici: il progresso umano, materiale e sociale, prosegue almeno da trecento anni a velocità crescente; non esistono motivi oggettivi che ne dimostrino estinto il potenziale; solo dei birbanti poltroni possono sostenere il contrario. A meno che non si tratti di gente che sa di non valere niente, e che quindi non può fare niente di utile.