Nell’estate del 1967 Giorgio Amendola, per conto della Direzione del Pci, richiese formalmente assistenza ai sovietici in vista della trasformazione del partito in un movimento illegale clandestino in caso di colpo di Stato. (…) Fra l’ottobre 1967 e il maggio 1968 tre operatori radio italiani completarono un corso di addestramento del Kgb della durata di quattro mesi. Altri membri del partito seguirono corsi per la produzione di documenti di identità falsi (…). Questi e altri programmi di addestramento segreto continuarono almeno fino alla fine degli anni Settanta. (…) Comunisti italiani esosi Longo (segretario generale del Pci fino al 1972 – ndt) fece sempre affidamento sulle sovvenzioni sovietiche. Egli si mostrò particolarmente molesto in occasione delle elezioni politiche anticipate del 1972. Lo stanziamento originale del Politburo del Pcus per l’anno delle elezioni era di 5 milioni e 200mila dollari. Dopo un ulteriore appello da parte di Longo, fornì altri 500mila dollari. (…) Nell’ottobre 1972 Borzov (residente romano del Kgb – ndt) comunicò che gli “amici” avevano rimandato indietro tre banconote da 100 dollari che erano risultate false. Fino al 1976 il trasferimento di fondi al partito comunista locale rappresentò sempre un affare molto semplice a Roma (…) Il più affidabile dei filosovietici nella Direzione del Pci, che era regolarmente in contatto col Kgb, semplicemente selezionava una serie di emissari che si recavano in auto all’ambasciata e prendevano il denaro. Contemporaneamente, il posto di ascolto radio KOMETA del Kgb controllava le lunghezze d’onda usate dalla polizia italiana. (…) Nel dicembre 1973 il Pci ricevette segretamente dal Kgb tre stazioni radio SELENGA che avrebbero permesso alla sede centrale del Pci di mantenere il contatto con le sedi locali nel caso che il Pci fosse costretto alla clandestinità. (…) Longo aveva fatto del suo meglio per persuadere Mosca che, nonostante la sua famiglia cattolica, Berlinguer era il miglior candidato (alla sua successione – ndt) e che i suoi tre principali rivali, Giorgio Amendola, Giancarlo Pajetta e Pietro Ingrao, erano inadatti per il posto di segretario generale. Amendola, secondo Longo, “aveva intorno a sé una gran quantità di democratici borghesi e aveva commesso troppo spesso errori revisionisti”; Pajetta, “la cui autorità stava scemando, era troppo umorale e non avrebbe promosso l’unità del partito”; Ingrao era “superficiale e portato alla speculazione teorica irrealistica”. (…) Brigate rosso-ceche Mentre cercava di screditare Berlinguer, Mosca continuava a sovvenzionare il Pci. Il totale delle sovvenzioni nel 1976 fu di 6 milioni e mezzo di dollari. Tuttavia secondo documenti del Kgb la “situazione operativa” per il trasferimento di denaro a Roma era diventata più difficile. Il nuovo residente, Boris Solomatin, (…) era d’accordo col responsabile del dipartimento amministrativo del Comitato centrale del Pci Guido Cappelloni, che sarebbe stato più sicuro se i trasferimenti di denaro avessero avuto luogo la domenica mattina molto presto in luoghi prestabiliti alla periferia di Roma (…). Il tragitto dell’auto usata da un “amico” che riceveva il denaro era tenuto sotto stretta sorveglianza da membri del Pci; costui poi trasferiva il denaro in un’altra auto che lo consegnava a un ufficio segreto del partito. (…) Non tutti i conflitti fra la Direzione del Pci e i partiti comunisti del Blocco sovietico divennero pubblici. Il più grave contrasto dietro le quinte negli anni Settanta riguardò l’assistenza occulta fornita da alcuni servizi segreti dei paesi dell’Est a gruppi terroristi dell’Ovest. (…) Ciò che più preoccupava i leader del Pci, tuttavia, era il sostegno da parte dello StB (servizio segreto cecoslovacco – ndt) alle Brigate Rosse italiane. Le loro preoccupazioni raggiunsero il culmine il 16 marzo 1978, quando le Brigate Rosse tesero un’imboscata all’auto che trasportava il presidente della Democra-zia Cristiana Aldo Moro nel centro di Roma. (…) La Direzione del Pci era tormentata dal timore che potessero trapelare notizie del sostegno dato dall’StB alle Brigate Rosse. Parlando per conto della Direzione, Arturo Colombi protestò con l’ambasciatore cecoslovacco a Roma Vladimir Koucky, che una delegazione del Pci a Praga era stata ignorata quando aveva tentato di sollevare la questione dell’aiuto alle Brigate Rosse, alcuni dei cui membri si riteneva che fossero stati invitati in Cecoslovacchia. Il 4 maggio 1978 Amendola ammonì Koucky che se i rapitori di Moro fossero stati arrestati e giudicati, l’assistenza fornita loro dall’StB “avrebbe potuto venire fuori”. In questa occasione l’ambasciatore sovietico Rhyzov prese le parti del Pci e disse a Koucky che “aveva ammonito i rappresentanti cecoslovacchi circa i contatti con le Brigate Rosse, ma essi non lo avevano ascoltato”. Rhyzov era convinto che la residenza dell’StB a Roma fosse ancora segretamente in contatto con le Brigate Rosse. (…) Nell’effusione di lutto ed esami di coscienza che seguì l’assassinio di Moro non ci fu – con grande sollievo della Direzione del Pci – nessun riferimento al coinvolgimento dell’StB con le Brigate Rosse. Tuttavia, a causa delle indagini di polizia alla ricerca di stazioni radio dei terroristi negli anni seguenti, la leadership del Pci cominciò a preoccuparsi sempre più che potessero essere scoperte le sue. Nel giugno 1981 la leadership del Pci informò la residenza di Roma che, per ragioni di sicurezza, le tre stazioni radio installate dal Kgb per uso clandestino del partito otto anni prima erano state distrutte. (…)
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
Codice ISSN
online 2499-4308 | cartaceo 2037-1241
Direttore responsabile
Emanuele Boffi