La Consulta ha bocciato in parte la legge sul “legittimo impedimento” e ne ha riscritto alcuni commi: la legge dunque rimane in vita, ma con i correttivi imposti ora. Eccoli. Nel mirino della Corte Costituzionale in particolare il famoso comma 4 dell’articolo 1, bocciato per irragionevole sproporzione tra diritto di difesa ed esigenza della giurisdizione, che prevede: «Ove la Presidenza del Consiglio dei ministri attesti che l’impedimento è continuativo e correlato allo svolgimento delle funzioni di cui alla presente legge, il giudice rinvia il processo a udienza successiva al periodo indicato, che non può essere superiore a sei mesi». Con la bocciatura insomma non è più valida la “giustificazione” di Palazzo Chigi che certifica l’impedimento del premier o dei suoi ministri a partecipare alle udienze; e i giudici non sono più obbligati a rimandarle.
La corte costituzionale è intervenuta inoltre con una pronuncia additiva sul comma 3 della legge, che prevede che «il giudice su richiesta di parte, quando riguardano le ipotesi di cui ai commi precedenti, rinvii il processo ad altra udienza». Adesso secondo la Consulta il potere di valutare il legittimo impedimento è affidato ai giudici (si tratta di un passaggio quindi che fa pendere sulla bilancia il piatto in favore delle toghe).
Conforme alla Costituzione secondo i giudici, invece, il comma 1 ma solo con un’interpretazione che è stata corretta. Finora per premier e ministri imputati e chiamati a comparire in aula, costituisce legittimo impedimento «il concomitante esercizio di una o più delle attribuzioni previste dalle leggi». Tra queste attività rientrano il Consiglio dei ministri, la conferenza Stato-Regioni, impegni internazionali e altre voci minuziosamente elencate nel primo comma della legge. Rientrano anche le «attività preparatorie e consequenziali». Oggi la Consulta chiede che, di nuovo, il potere di valutare la situazione resti al giudice, che può valutare se effettivamente l’impegno di premier e ministri sia irrimandabile rispetto all’udienza. Questo nell’ottica di bilanciare le esigenze della giurisdizione, il diritto alla difesa e la tutela della funzione di governo, secondo la consulta.
I processi del premier riprenderanno e i magistrati valuteranno udienza per udienza se gli impedimenti presentati dalla difesa del presidente del Consiglio saranno legittimi. Se Berlusconi ritiene, caso per caso, che la valutazione dei giudici sia eccessiva potrà ricorrere alla Consulta.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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