«L’Italia con i Paesi del Corno d’Africa si pone come Paese che ascolta, non che fa la lezione. Nella regione siamo considerati un partner affidabile, senza secondi fini». Così Lapo Pistelli, viceministro degli Esteri, spiega ad Avvenire come è stato possibile liberare Meriam Yahya Ibrahim e trasferirla in Italia: attraverso una diplomazia che punta sulla collaborazione e non sull’accusa. Ieri la donna cristiana condannata per apostasia e adulterio, e poi scagionata, è arrivata in Italia su un volo di Stato e ha incontrato papa Francesco dopo l’atterraggio a Ciampino.
«MERIAM SI È SCIOLTA». «Meriam s’era illuminata, prima della partenza, già solo a sentire dell’interessamento del Papa e della possibilità di incontrarlo», aggiunge il viceministro. «È stata la conclusione più bella, direi. Papa Francesco ha molto lodato Meriam per il suo grandissimo coraggio, virtù che a volte, ha detto, manca ai cristiani. Meriam è molto riservata, ma col Papa si è sciolta. E suo marito si è commosso».
«RISOLVIAMO UN VOSTRO PROBLEMA». Pistelli torna poi sul dialogo con le autorità sudanesi: «C’è stata un’ottima collaborazione. Questo esito non sarebbe stato possibile senza la reciproca collaborazione in un dialogo da pari a pari». E in un’altra intervista concessa alla Stampa il viceministro precisa come la diplomazia italiana abbia «spiegato più volte alle autorità sudanesi che volevamo essere utili a risolvere un caso che aveva procurato loro pessima pubblicità».
PARTENZA PER GLI USA. Ora Meriam con la sua famiglia volerà negli Stati Uniti, dove vive il fratello di Daniel Wani, che ha la cittadinanza americana. «Si tratta di sbrigare le ultime pratiche consolari americane», spiega il viceministro al quotidiano della Cei. «Poi con un volo di linea partiranno per New York, è plausibile entro domani (oggi, ndr). Ora spero che questa vicenda possa essere di buon auspicio per altre situazioni di conflittualità sulla libertà religiosa. Il mio pensiero in questo momento va ai cristiani dell’Iraq in rotta verso il Kurdistan».