Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Aldo Cazzullo è un maestro del giornalismo. Penna superba del Corriere della Sera, inviato di lusso per le occasioni che contano, quando scende in campo lui si capisce che c’è in gioco tutto quanto il blasone del quotidiano più importante d’Italia. Grande Aldo. La sua ultima rubrica su Sette, settimanale del Corriere, per esempio, è un pezzo pregevolissimo.
Cazzullo – ispirato da un libro dello specialista della comunicazione Gianluca Comin dedicato a L’impresa oltre la crisi – ripesca per i lettori il famoso caso Barilla. C’è tutto, nella ricostruzione di Cazzullo. L’«incauta intervista» di Guido Barilla che dice no alle pubblicità arcobaleno. Il boicottaggio della «rete, sempre pronta a trascurare l’essenza delle cose e a ingigantire le futilità». Le «inserzioni gay friendly» scodellate «in fretta e furia» dai concorrenti sciacalli. Harvard che «rimuove Barilla dalla propria mensa». Il «danno di immagine enorme» e l’azienda che corre ai ripari con le «note di scuse».
Una volta. Due volte. Poi il video dove Barilla «appare imbarazzato, palesemente sta leggendo un pezzo scritto da altri»; ma dimostrando di aver colto l’intento rieducativo delle legnate ottiene la svolta. Qualche ingaggio ai «responsabili italiani e stranieri delle associazioni Lgbt» e via, verso una nuova scintillante reputazione. Commenta Cazzullo in poche righine conclusive: «Insomma la comunicazione riesce a volgere una sconfitta in un’occasione di immagine. Resta il fatto che uno non può più dire quel che pensa». Punto. Semplicemente perfetto, caro Aldo, ma non è che la notizia era proprio questa?