Dopo mesi e mesi di consultazioni, rinvii e scioperi, il decreto Buona Scuola è stato approvato. E se i primi a essere soddisfatti sono i genitori è un segnale positivo. «Diciamo abbastanza soddisfatti, più di quanto lo siamo mai stati riguardo di una riforma scolastica» spiega Roberto Gontero, presidente Agesc (Associazione genitori scuole cattoliche). In rappresentanza della sua associazione, Gontero ha partecipato a parecchi incontri con il ministro dell’educazione Stefania Giannini, e ha visto il testo della Buona Scuola cambiare in molti aspetti: «Ci sono finalmente dei buoni appigli, dei barlumi di speranza per poter lavorare bene insieme. È chiaro che come genitori vogliamo vedere il cosiddetto “bicchiere mezzo pieno”, dobbiamo pensarla così per forza, altrimenti come potremmo ogni mattina accompagnare a scuola i nostri figli serenamente? Per la prima volta, dopo quindici anni dalla riforma Berlinguer, il Governo ha voluto investire sulla scuola, anche se con fondi minimi. Ma si tratta pur sempre di un investimento».
DETRAZIONE PARITARIE. Uno dei punti cruciali della Buona scuola, uno dei più combattuti, era rappresentato dalla detrazione fiscale per le rette dei figli iscritti alle scuole paritarie. Con il nuovo decreto, i genitori potranno ricevere un rimborso di 76 euro per figlio. Un rimborso molto piccolo rispetto a una retta annuale da affrontare, ma, spiega Gontero, in questo caso è il segnale quello che conta: «Da sempre ci battiamo perché venga riconosciuta ai genitori la possibilità di iscrivere i propri figli all’istituto che più apprezzano. Questo significa libertà educativa, tutelata da molti Paesi dell’Unione Europea. In Italia questo diritto è ancora sfuggente, viene coperto dall’ideologia. Le famiglie meno abbienti continuano a soffrire la propria condizione economica, e rimangono private della possibilità di avere accesso alle scuole paritarie. Questo è profondamente ingiusto, e lo abbiamo fatto presente al ministro Giannini, a più riprese. Quel rimborso di 76 euro rappresenta un primo segnale. Speriamo di non dover aspettare altri quindici anni per assistere a un’ulteriore passo avanti».
SCELTA AI GENITORI. Si ritorna a parlare di autonomia scolastica, anche se in maniera non eclatante, e a incarnare questa responsabilità sarà la figura del preside: «Chi è andato in piazza a protestare, con cartelli inneggianti al preside-sceriffo, deve avere le idee confuse e permeate da preconcetti. Sono d’accordo con il premier Matteo Renzi, quando afferma che la scuola non può essere fatta dai sindacati. Infatti deve essere fatta anche dai dirigenti scolastici, che non possono essere relegati al rango di passacarte. Devono poter scegliere il corpo docenti migliore per l’istituto, sulla base di criteri di valutazione, per il momento non ben stabiliti. Speriamo, da genitori, di venire più coinvolti nella scelta decisionale dei programmi. Siamo i primi a occuparci dell’educazione dei ragazzi, nelle nostre case, perché non dovrebbe interessarci quella che viene insegnata a scuola?».
LEZIONI GENDER. A proposito di educazione nel decreto si parla anche delle lezioni sull’affettività, che verranno tenute in classe. «Purtroppo», sospira Gontero. «Da mesi continuiamo a chiedere che venga introdotta la possibilità di scelta per i genitori. Viene data questa possibilità sulle ore di religione, perché non anche sui corsi di affettività? Papa Francesco li ha definiti “colonizzazione ideologica”, noi riteniamo che sia ancora, nel 2015, compito della famiglia educare i ragazzi. La scuola ha un ruolo di corresponsabilità, non deve sostituirsi al ruolo della famiglia. Con Agesc stiamo tenendo degli incontri, in tutta Italia, che si chiamano “Papà e mamma servono ancora?”. Noi crediamo di sì».