Se i barconi della speranza prendono fuoco nel Mediterraneo e l’umanità in fuga che trasportano brucia o annega nelle acque del nostro mare non è colpa della coppia Boldrini-Kyenge, perché queste due discusse personalità non hanno il potere di catalizzare tali tragedie e tanto meno di scongiurarle, né dell’indifferenza dell’Europa, per il semplice fatto che l’Europa non esiste. Non esiste politicamente, dunque non esiste come politica estera, dunque non esiste come politica verso i paesi della sponda sud mediterranea e verso quelli dell’Africa. Le crisi politiche ed economiche del mondo arabo e dell’Africa nera vengono trattate o trascurate sulla base delle politiche nazionali dei singoli paesi europei, non sulla base di una politica dell’Unione Europea che è ancora di là da venire.
Dalla Libia alla Siria, è sotto gli occhi di tutti lo spettacolo delle principali potenze europee che colgono l’opportunità rappresentata da feroci guerre civili per estendere la loro influenza su questo o quel paese arabo a discapito di altre nazioni europee. Se Misurata è diventata un’enclave extraterritoriale in territorio libico dalla quale partono ondate di disperati che tentano la sorte per mare, è perché Francia e Regno Unito, con l’approvazione degli Stati Uniti, si sono impegnate a far cadere il regime di Muammar Gheddafi sostenendo la ribellione contro di lui, al fine ultimo di sottrarre all’Italia quote del mercato dell’energia e dei lavori pubblici in Libia.
L’accordo fra il governo Berlusconi e il governo di Tripoli, che prevedeva il respingimento (accompagnato da navi militari) verso la Libia dei barconi di clandestini che da lì erano salpati, è stato fortissimamente criticato da ogni parte. Nessuno, però, ha spiegato quale soluzione diversa e praticabile andasse ricercata, nessuno ha fatto proposte concrete. Oggi quell’accordo, definito “sporco” da un infinito numero di commentatori e organizzazioni, non esiste più, ma l’unico risultato è che muoiono molti più migranti di allora.
Non ha alcun senso rafforzare le politiche di accoglienza dei migranti clandestini, modificare le leggi sull’immigrazione, se non si provvede prima a stabilizzare la situazione politica dei paesi dai quali gli aspiranti emigranti provengono. La soluzione non sta in una migliore accoglienza dei barconi. La soluzione è che i barconi non partano. Perché non partano, occorre individuare di volta in volta le politiche estere migliori per la stabilizzazione di questo o quel paese arabo o africano.
Se in Eritrea lo Stato continuerà a tenere sotto le armi centinaia di migliaia di cittadini maschi in stato di ferma illimitata (ci sono persone che da 20 anni vestono la divisa e il cui congedo dipende interamente dalla discrezionalità dello Stato), è evidente che ogni nuova generazione tenterà di abbandonare il paese. Se in Somalia gli Shabaab continueranno a controllare ampie fasce di territorio, mentre le aree sotto controllo governativo saranno costrette a vivere un’economia di guerra, è inevitabile che i somali cerchino fortuna altrove. Se la guerra civile che in due anni e mezzo ha causato 110 mila morti in Siria non lascerà finalmente il posto a un armistizio con garanzie internazionali, i siriani continueranno a preferire il rischio della morte in mare alla quasi certezza della morte per armi da fuoco e colpi di artiglieria.
L’Europa a guida franco-tedesca (sempre più tedesca, sempre meno francese) è stata ed è gravemente negligente rispetto a queste problematiche, perché la Germania non ha altro interesse nel Mediterraneo che a impedire a Francia e Italia di diventare competitive attraverso rapporti privilegiati di cooperazione coi paesi della sponda Sud, e perché la Francia, con Hollande come prima con Sarkozy, è ancora ferma a una visione novecentesca dei rapporti col Medio Oriente, centrata sull’idea di un passaggio di testimone fra Washington e Parigi nel ruolo di gendarme occidentale dell’area.
Fino a quando non si affrontano questi nodi, la tragedia degli emigranti clandestini che muoiono in mare resterà materia di speculazione politica, di battaglia ideologica, di opportunità di carriera personale per gli esponenti degli opposti estremismi parolai: le Boldrini e i Grasso da una parte, i Pini e i Salvini dall’altra.