La Cina è in crisi, ma i numeri sono molto peggiori di quelli che si leggono di solito. Per il settimo trimestre consecutivo Pechino ha registrato un calo nella crescita del Pil. Lo scorso 17 ottobre il National Bureau of Statistics ha annunciato che il Pil cinese è cresciuto del 7,4% nel terzo trimestre, contro il 7,6% del secondo e l’8,1% del primo. La Cina si sta così avvicinando al suo peggior risultato di sempre da quando il paese ha aperto le porte al mondo esterno, quello del primo trimestre del 2009, in piena crisi finanziaria, quando il Pil crebbe “solo” del 6,5%.
UN DEBITO ENORME. Certo, sempre di crescita si tratta. Ma se il governatore della ricca provincia cinese del Guandong, Zhu Xiaodan, ha affermato che «le difficoltà che dobbiamo affrontare sono quasi certamente maggiori rispetto a quelle della crisi finanziaria del 2009», un problema c’è. Questo problema si chiama debito: non solo statale ma anche e soprattutto locale. Il debito degli enti locali ammontava a 4 mila di miliardi di yuan nel 2006, nel 2010 ha raggiunto la cifra astronomica di 10,7 mila miliardi di yuan, circa duemila miliardi di euro. Cifre a 12 zeri. Il 42 per cento di questa somma (probabilmente aumentata negli ultimi due anni) deve essere pagato alla fine del 2012, il restante 53 alla fine del 2013. Non solo: a questa somma bisogna aggiungere il debito dello Stato, che si aggira sui 13 mila miliardi di yuan, per un totale complessivo di 23,76 mila miliardi di yuan, circa 4 mila miliardi di euro.
SI AVVICINA IL CONGRESSO. È questo il primo problema della Cina, che si avvicina al suo 18esimo Congresso nazionale del Partito comunista, quello in cui verrà decisa la nuova Commissione permanente del Politburo del Partito comunista cinese, l’organo di sette funzionari che governa di fatto il paese. Il secondo problema è bene evidenziato dalla risposta che un sindaco di una delle tante città della provincia di Hangzou ha dato al dipartimento delle Finanze della provincia, che gli chiedeva qual era il loro piano per rientrare dai debiti: «Non prendiamo neanche in considerazione la possibilità di rientrare dal debito».
DEBITI PER RIPIANARE I DEBITI. Come rivela un’attenta analisi della più importante rivista economica cinese, Caixin, le realtà locali, dovendo ripianare i debiti e allo stesso tempo realizzare i piani di crescita previsti per loro dal governo centrale, puntano su un innalzamento delle tasse e sulla crescita futura, che dovrà verificarsi grazie a nuovi investimenti in infrastrutture, finanziati con nuovi debiti. Per questo una provincia come il Guandong a gennaio del 2012 ha approvato progetti per centinaia di miliardi di yuan, nel tentativo di raggiungere una «crescita stabile». Solo tra aprile e settembre, per esempio, la Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme ha approvato a Shanghai, Guangzhou, Xiamen e altre città progetti nel settore della ferrovia metropolitana per 870 miliardi di yuan.
MENO GUADAGNI DALLE TASSE. Si potrebbero fare centinaia di esempi, il concetto è che i governi locali spendono per non deprimere l’economia convinti che questi soldi rientreranno grazie al miglioramento dell’economia e a un conseguente aumento di guadagni dalle tasse. Finora non è andata così, neanche per province ricchissime come Pechino e Shanghai. Come rivelato dal ministero delle Finanze cinese, le entrate dei governi locali più ricchi di tutta la Cina sono cresciute dall’inizio dell’anno del 10 per cento, ma solo l’anno prima erano cresciute del 30 per cento. La crescita, insomma, c’è ma minore rispetto al previsto e questo ha portato a buchi di bilancio in tutte le province cinesi.
PREVISIONI ERRATE. È sempre il governatore del Guandong Xiaodan che spiega il perché dei mancati guadagni: «All’inizio di quest’anno l’economia ha cominciato a rallentare. Le entrate dalle tasse sono diminuite del 20 per cento dal momento che le aziende hanno cominciato a riportare perdite su perdite». E così, rimanendo nel Guangdong, le entrate del governo locale, che secondo gli obiettivi di Pechino dovevano crescere del 10 per cento, sono cresciute del 8,6 per cento. Risultato? Una singola città come Dongguan non ha più un soldo nelle casse e un debito complessivo di «oltre tre miliardi di yuan». Continua Xiaodang: «Dovevano crescere del 10 per cento e invece sono cresciuti del 2,5».
IL RIMEDIO DI CHONGQING. Davanti a risultati di questo tipo, come possono fare i governi locali a «stabilizzare la crescita, equilibrare la struttura economica e migliorare la vita della gente», come Pechino ha imposto all’inizio dell’anno? Molti governi locali alzano le tasse, vendono spazi pubblicitari in ogni angolo della città e espropriano le terre dei privati per rivenderle alle grandi industrie. A Chongqing (30 milioni di abitanti), ad esempio, le tasse sono state aumentate tanto da portare a maggiori guadagni pari a 4,5 miliardi di yuan. Alle grandi imprese di costruzione, addirittura, è stato chiesto di pagare all’inizio dell’anno in anticipo le tasse per il 2012.
«MIGLIORARE LA VITA DELLA GENTE». Ma tutto questo non basta ancora, anche a causa dell’evasione fiscale e dell’enorme corruzione che, con cause note, devasta tutti gli angoli della Cina. Come risolvere i problemi di un debito tanto grande e così difficilmente sanabile? A parte quei governi locali che, come visto sopra, non si pongono neanche il problema, altri chiedono prestiti alle banche senza intenzioni di restituirli, sperando che, spiega un dipendente del dipartimento delle Finanze di Hangzou, «alla fine ci pensi il governo centrale a ricapitalizzare le banche». Con questo ragionamento, gli investimenti locali in autostrade e ferrovie sono andati avanti per tutto il 2011, perché, spiega un governatore locale citato da Caixin, «ci hanno chiesto di assicurare una crescita stabile e migliorare la vita della gente». Pechino comanda, i governi locali obbediscono, nonostante tutto.