Pubblichiamo la rubrica di Marina Corradi contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti).
L’ora dei Vespri, in un convento di clausura tra le colline marchigiane. Nell’ombra della cappella, dall’ostensorio con il Santissimo sull’altare viene una gran luce.
Le monache ci danno le spalle, allineate sotto al velo sono in dieci, quasi tutte giovani, alcune appena ragazze.
Cantano con voci bellissime. Dal mio posto nel banco ne spio i lineamenti di profilo. Sono tutte sorridenti. È un convento di monache liete.
Ma lo sguardo mi cade su una giovane suora: la linea della attaccatura dei capelli nerissimi sotto al velo, il viso pallido, fine, gli occhiali da miope.
Non capisco perché, ma non riesco a staccarmi dai suoi lineamenti. Continuo a guardarla per tutta la funzione. Alla fine, uscendo con le sue sorelle, per un attimo lei si gira verso di me.
La vedo bene ora, ha gli occhi da gazzella e l’aria timida, il sorriso gentile. Capisco d’improvviso, con un tuffo al cuore. Mio Dio, come somiglia a mia sorella.
Somiglia a mia sorella Lucetta. Io ero piccola, ma me la ricordo molto bene: il viso affilato, i begli occhi scuri sotto agli occhiali di cui si dispiaceva tanto. I capelli nerissimi, come quelli della nonna Dina, ma le gambe lunghe, e le mani eleganti di mia madre.
Ti chinavi su di me, materna, paziente. Cercavi di vestirti ancora da bambina, come se l’idea di diventare donna ti facesse paura.
Non avevi ancora quindici anni.
Quanto a lungo ho sognato, nelle mie notti infantili, che non eri morta, ma per un oscuro incantesimo reclusa in un castello, in una misteriosa prigione; e che però eri viva.
E quanto ti somiglia questa giovane suora in un convento di clausura: il viso, e soprattutto gli occhi, lo sguardo buono.
Come un lampo mi folgora un sogno a occhi aperti: forse non sei mai morta, forse sei sempre stata qui, a offrire la tua vita ogni giorno, dal Mattutino a Compieta. Qui, dove nessuno ti avrebbe vista, né cercata. Forse sei sempre stata qui, viva.
Ma subito mi riprendo dal mio folle pensiero, e mi rimprovero: che cose assurde vai mai a immaginare. Questa giovane suora, di Lucetta potrebbe essere la figlia. Lei è morta da così tanti anni, ormai.
Eppure poi, lasciando quel convento, mi resta addosso una dolcezza strana.
Come se attraverso quella somiglianza mi fosse stato detto qualcosa. Forse semplicemente la verità in cui a noi, quaggiù, è tanto difficile credere.
Mi è stato detto, attraverso i tratti di una suora fanciulla, che tu sei viva. Altrove, lontana eppure vicina. Che non sei mai stata nel nulla, come io a lungo ho creduto.
Da un monastero di clausura il volto di una giovane monaca, come una carezza.
Foto preghiera da Shutterstock