Non gli è bastato paragonare il ministro Cécile Kyenge a un orango. Oggi in un’intervista al Corriere della Sera, il leghista Roberto Calderoli si arrampica sui vetri cercando di buttarla sul ridere. Il risultato è grottesco.
«Si discute su una frase estrapolata dal contesto», dice nell’intervista. «Ho fatto una premessa al comizio, cioè il mio amore per gli animali. Lì – sbagliando, lo ammetto – ho esplicitato un pensiero: citare l’orango era un giudizio estetico che non voleva essere razzista. Mi lasci spiegare: quando conosco una persona. faccio paragoni estetici con un animale. Per tutti».
«Mi viene spontaneo fare questo accostamento – spiega -. Quando vedo Enrico Letta, con quelle gambe lunghe, penso a un airone. Alfano mi ricorda una rana, la Cancellieri un cane San Bernardo che è pacioso ma sa anche mordere, Saccomanni come Paperon de’ Paperoni. Il titolare degli Affari Esteri Enzo Moavero Milanesi lo vedo pavone, con il riporto fa la coda».
Per sé trova la definizione di orso, anche se «mi definiscono un maiale per via del porcellum».
Calderoli si lamenta che le sue parole siano state travisate, chiede di giudicare i fatti e non le battute estrapolate dal contesto. Certo che se il suo modo per chiedere “giustizia” è quello di fare l’elenco dello zoo, come si fa a credergli?
In realtà, noi crediamo che la mossa sia studiata; insomma, che la “toppa peggiore del buco” sia un modo per parlare a una fetta dell’elettorato leghista. Scandalo, clamore mediatico, indignazione fanno il gioco di Calderoli. Un gioco scemo.