Silvio Berlusconi non si ricandiderà come leader del Pdl alle elezioni politiche del 2013: «Il candidato premier del centrodestra sarà Alfano. Io, se potessi, lascerei già ora. Credo che siano tutti d’accordo. Io farò la campagna elettorale e aiuterò Angelino. Farò il “padre nobile”. Cercherò di costruire il Ppe in Italia. Ma a 77 anni non posso più fare il presidente del Consiglio».
In un’intervista a Repubblica, il premier esclude che il governo non finisca la legislatura e nasca un governo tecnico: “«Non c’è alcuna possibilità che nasca un esecutivo del genere. Anche i leghisti, dove vuole che vadano? Tutti quelli che si staccano fanno una brutta fine. Pensate a Fini e Casini. Quelli del Fli ormai sono inesistenti. Il loro progetto politico – una volta fallito l’assalto del 14 dicembre – è il nulla. Ero solo io il loro obiettivo»” (Repubblica, p. 7).
Poi un’aggiunta sull’alleanza con Casini: «Pier non ha ancora deciso. Ha due possibilità. O va da solo come Terzo polo o – come penso – farà un patto di apparentamento con noi quando saprà che il candidato premier non sono io. A sinistra non può andare perché altrimenti perde i due terzi dei suoi elettori. E la legge elettorale resta questa. Non se ne esce». E sul prossimo presidente della Repubblica che salirà al Colle: “«Non è per me. Al Quirinale ci andrà Gianni Letta. È la persona più adatta. Anzi è una grande persona. È un buono e ha ottimi rapporti anche con il centrosinistra. Avrebbe anche i loro voti»” (Repubblica, p. 7).
Infine, un affondo sulla manovra: “«Sulle tasse andiamo comunque avanti. È chiaro che la situazione è difficile. Abbiamo cercato soprattutto di non mettere le mani nelle tasche degli italiani. Negli altri paesi lo hanno fatto. Hanno tagliato i dipendenti pubblici e i loro stipendi. Detto questo, la modificheremo: correggeremo il superbollo sulle autovetture e qualcosa sulle tasse la faremo». E come convince Tremonti? «Lui è preoccupato dei mercati, lo capisco. Ma io gli ricordo sempre che in politica il fatturato è composto dal consenso e dai voti. A lui il consenso non interessa, a noi sì. Quindi, fermi restando i saldi, noi la manovra la cambieremo in Parlamento»” (Repubblica, p. 7).