Avendo negli ultimi giorni avuto accesso all’inquilino di villa San Martino oltre che ai commenti della solita stampa schierata con i fucili buoni e con il plebiscito di un sindaco molto opportunista che sin qui ha fatto molto bene come giovane cubista e gabelliere di Firenze, ci siamo fatti un’idea abbastanza precisa di cosa accadrà di qui al prossimo anno.
Accadrà che o Berlusconi resta leader del centrodestra e stravince le prossime elezioni (2014). O, viceversa, se si consolida il regimetto che ci sta portando alla rovina – ma a una rovina buona, con tanto di decrescita felice che piace a Grillo e tanto di pm scassa-Ilva che piace a Repubblica –, vince Renzi, sale a Palazzo Chigi e, con i consigli (leggi: eterodirezione) delle cancellerie tedesche e americane, governa una scialuppa alla deriva nel Mediterraneo.
Se invece Berlusconi passa il Mar Rosso, si lascia decadere dal Senato e, come da discorsone a reti unificate, tiene botta ai faraoni delle manette (anche con i referendum sulla giustizia) e dà battaglia con Forza Italia, questa volta c’è il sospetto che l’Italia resti in carreggiata. Sì, perché l’unico che ha gli attributi per tenere in carreggiata l’Italia rimane Berlusconi.
L’alternativa è che, tra un governo Alfetta (come da vignetta di Giannelli sul Corriere) e il governo delle procure, il prossimo anno ci ritroviamo nel Belpaese della Costituzione più bella del mondo, fermi al 1948, a fare i conti con una primavera densa di tweet e di renzismo populista arabo. Quanto basta a far scrivere a Scalfari: «Grazie Io, finalmente, prima del Paradiso, ho visto l’Italia diventare una colonia e un governo della giusta, equa, solidale ripartizione della miseria». In attesa dei soccorsi della Merkel e dell’Unione Europea.