Ennesimo adattamento cinematografico dal celebre romanzo di Guy de Maupassant. Delle undici riduzioni che cinema e tv finora hanno dedicato alla figura ambigua e affascinante di George Duroy, quella firmata dai britannici Donellan e Ormerod è una versione assai insipida che restituisce poco di quel personaggio così contraddittorio. I difetti del film appaiono evidenti su più livelli. In un cast con un terzetto formidabile di attrici come Uma Thurman – Kristin Scott Thomas – Christina Ricci e un comprimario di lusso come Colm Meaney, il protagonista è assai debole. Robert Pattinson, che in questi anni attraverso vari film sta cercando lodevolmente di smarcarsi dal personaggio di Edward che l’ha reso celebre in Twilight, non riesce ad andare al di là della maniera. Schiacciato dalle tre attrici che, pur accademiche e un po’ fredde nell’indossare i panni delle donne di Bel Ami sfoggiano un gran carisma e anche un fascino notevole, il giovane attore ha ben poco della forza cinica del suo personaggio. Nel film appare come un ragazzo sprovveduto, bello e vagamente ombroso ma privo di quel carisma e di quella carica erotica che al film avrebbe senz’altro giovato. Come spesso capita quando i personaggi non convincono, la colpa è anche di chi sta dietro la macchina da presa.
I due registi narrativamente confezionano una storia lineare e senza grossi colpi di scena, ma è il loro punto di vista sulla storia a non convincere. Troppo superficiale la definizione dei personaggi (e certo la sceneggiatura zeppa di cliché di Rachel Bennette non aiuta) e troppo povero il racconto d’atmosfera. Il film è piuttosto banale e prende sempre le strade più ovvie: per raccontare il mondo degradato da cui viene Bel Ami, che dovrebbe essere una sorta di sintesi visiva di quanto si agita nel suo cuore in termini di ambizioni senza freni, si ricorre alle immagini di un bordello molto patinato e ben poco rancido. E quando si racconta l’amore giovane con la Ricci (la migliore del cast) e quelli maturi con la Scott Thomas o la Thurman, ci si affida a poche sequenze di performance sessuali volgarotte e a dialoghi già sentiti. Tutto il resto di cui trabocca il romanzo, il conflitto e al tempo stesso il fascino che il protagonista subisce rispetto al mondo borghese, le convenzioni sociali come freno di libertà, il rapporto con il Potere e con la stampa, le ambizioni sfrenate di un ragazzo che dal nulla volle a suo modo farsi re, tutto questo rimane sulla carta e sul romanzo e non trova sbocco se non per brevi accenni nel film.
Un peccato: personaggi come il Rousset interpretato da Meaney, una sorta di ‘tycoon’ ante litteram, o il Charles Forestier interpretato da Glenister nelle mani di altri sarebbero potuti diventare ottimi, cupi antagonisti di Duroy. E invece in questa pallida rivisitazione di un grande romanzo diventano figure caricaturali che nemmeno nel momento della sconfitta o della tragedia catalizzano l’attenzione dello spettatore. Tragedia e eros sono i veri assenti in questo film, dove ci sono sì molti personaggi di Maupassant ma non vi sono né spirito né passione di questo grande scrittore.