«Non abbiamo mai visto uno spettatore fare gol. Il pubblico può aiutare, ma fino ad un certo punto, starà a noi spegnere subito eventuali entusiasmi». Prova a non mostrarsi preoccupato Gigi Buffon alla vigilia del match contro il Celtic: stasera va in scena l’andata degli ottavi di finale di Champions League, e sulla carta il solo vantaggio per gli scozzesi starebbe nel clima ostico con cui lo stadio accoglierà i bianconeri. Tutto vero: a Glasgow, sponda biancoverde, non aspettano altro che questa partita, dopo una stagione dove le sole grandi emozioni sono arrivate dalla Champions, e non da un campionato dove, orfani dei nemici Rangers, primeggiano tranquilli “solo” con 18 punti di vantaggio su Inverness e Motherwell.
PRECEDENTI CATALANI. Inutile ricordare quanto accadde proprio qui lo scorso 7 novembre, quando la vittima sacrificale scelta per celebrare i 125 anni del club fu niente meno che il Barcellona, protagonista di un match surreale dominato dai catalani da inizio alla fine, sconfitti però da una squadra arroccata, lesta e fortunata nel ripartire e arcigna nel non concedere mai spazi. È lo spirito Celtic, un CLUB che pur presentandosi senza i favori del prepartita ha cementato uno spogliatoio unito, creando un gruppo saldo intorno al mentore Neil Lennon e sudandosi centimetro dopo centimetro una qualificazione in Champions che lo scorso agosto sembrava abbastanza utopica. A guardare i numeri, un certo impatto il pubblico di casa sembra averlo: al Celtic Park mai nessuna italiana è riuscita a vincere, ed è proprio nelle gare interne che gli Hoops hanno costruito gran parte del loro successo europeo, con 4 vittorie e un pareggio tra le mura amiche. Considerando poi che la Juve giocherà il ritorno appena dopo la trasferta di Napoli (dove, verosimilmente, i partenopei si giocheranno l’ultima carta valida per rientrare effettivamente in corsa per lo scudetto), ecco che per i bianconeri stasera una partita chiusa in difesa potrebbe non essere sufficiente.
TECNICO E GRUPPO. Ma le pedine forti del Celtic non si limitano soltanto ai 60mila tanto celebrati tifosi che stasera scalderanno l’aria fredda di Glasgow. Bisognerà temere anche alcuni elementi dei Bhoys, forse sottostimati da tanta stampa, ma che invece stasera avranno voglia di mettersi in mostra. Uno su tutti è il tecnico, Neil Lennon, sanguigno nord-irlandese tifosissimo del Celtic, di cui è stato a lungo giocatore e capitano. Difficilmente si è dimenticato di quanto accadde nel 2001, quando i bianconeri batterono gli scozzesi grazie ad un rigore allo scadere concesso per simulazione di Nicola Amoruso. Lennon si imbufalì, e ora vuole vendicarsi, e c’è da stare certi che saprà trasmettere le motivazioni valide ai suoi. Se infatti la squadra sta crescendo è anche merito suo, maturato in due anni di guida del Celtic e ora bravo a plasmare un gruppo giovane dandogli carattere e cattiveria, costruendo un gruppo quadrato e tignoso. Sicuramente ci sarà da fare attenzione a Victor Wanyama, centrocampista keniota fratello minore dell’ex-interista Mariga: sarà lui che dovrà aggredire Pirlo e cercare di limitare il play-maker della Juventus. Interessante è poi Gary Hooper, attaccante 24enne dal gol facile, migrato dalla C inglese qualche anno fa e da tre anni perno dell’attacco dei Bhoys, mentre i guantoni del rientrante Fraser Forster potranno garantire la stessa inviolabilità avuta contro il Barcellona, quando i miracoli del numero 1 britannico gli valsero il soprannome di “la Gran Muralla”. Calciatori di buon livello, certo non eccelsi, ma che giocano con convinzione e cuore, e quindi un po’ tifosi. Chissà se Buffon avrà avuto ragione nel dire che i tifosi non fanno mai gol…