«Mi sento assai lontano dalle tesi che ispirano il cosiddetto apostolato dell’associazione Courage, non ne conosco alcuno dei componenti né di essa ho letto altro da ciò che appare in rete ed è stato riferito in sedi pubbliche. Aggiungo: non ne sono minimamente attratto. Eppure il can-can politico-mediatico avvenuto nei giorni scorsi a Reggio mi ha indotto a provare nei confronti di essa, e del vescovo di Reggio e Guastalla attualmente in carica che, senza farsi intimorire, ne ha preso le difese, un discreto moto di solidarietà».
Così ha scritto in un editoriale apparso sul sito 24Emilia, il suo direttore, Nicola Fangareggi. Il quale, rispondendo alle domande di tempi.it, dice, senza mezzi termini, che ciò che è accaduto in città è opera di «quelli che pretendono una libertà negando quella altrui. Sono il retaggio schizofrenico della mentalità totalitaria del Novecento».
L’ARTICOLO E LE POLEMICHE. Un passo indietro. Sul numero dell’Espresso di inizio dicembre è apparso un articolo in cui un giornalista, fingendosi omosessuale e disattendendo ogni regola deontologica, ha raccontato cosa avviene durante gli incontri privati di un’associazione, Courage, cui aderiscono persone con attrazioni omosessuali decise a seguire il magistero della Chiesa. In verità, lo “scoop” è poca cosa. Al di là delle considerazioni personali dell’autore, infatti, c’è ben poco, se non persone che pregano e seguono il catechismo. Tuttavia, l’Espresso ha parlato di setta, evocando, senza riportare alcuna prova, il plagio degli aderenti.
All’articolo sono seguiti gli attacchi al vescovo di Reggio Emilia, Massimo Camisasca, colpevole di aver accolto l’associazione nella sua diocesi come risposta ad «alcune persone con tendenza omosessuale» che «si sono rivolte a me chiedendomi aiuto» per «vivere nella preghiera, nella meditazione della Sacra Scrittura e nella castità».
Secondo Fangareggi «quello che sta accadendo nella mia città è il frutto di un anticlericalismo di risulta: durante tutto il Novecento Reggio Emilia ha aderito a ideologie fortemente anticlericali. Qui abbiamo avuto un Pci stalinista per il quale la Chiesa era il principale nemico da abbattere. Non a caso questa città è stata la culla delle Brigate Rosse».
INTOLLERANZA. Secondo Fangareggi è «chiaro che il vescovo paghi solo per il fatto di essere ciellino e questo è ingiusto. Considero le manifestazioni Lgbt in piazza e gli attacchi della sinistra contro le persone, il loro pensiero e la loro condotta privata, come gravi forme di intolleranza. Mi spieghino: che diritto hanno di scendere in piazza o criticare in pubblico le riunioni e le scelte private relative all’intimità delle persone? Che diritto hanno di chiedere la libertà in questa sfera e poi limitare quella altrui? C’è in questo un elemento dispotico, anche se magari chi va in piazza non sa nemmeno cosa sia lo stalinismo o il fascismo».
«Sebbene io tenda sempre a difendere la professione giornalistica – aggiunge il direttore –, questa volta siamo andati oltre ogni limite. Entrare in una sfera così intima per umiliare persone che pregano e fanno una scelta di vita personale è una cosa gravissima. Mi rammarico perché da Repubblica e l’Espresso non mi aspettavo un livello così basso».
LAICISMO DANNOSO. Liberale, non praticante ma cresciuto in una famiglia dossettiana, Fangareggi difende la Chiesa perché «sono per lo Stato laico e non laicista. Laico significa capace di lasciare a tutti la libertà di esprimere le proprie visioni in pubblico finché queste non ledano la libertà altrui. A maggior ragione se le proprie convinzioni sono vissute nel privato».
Eppure dalla laicità si è arrivati a queste forme illiberali in cui tutti possono esprimersi tranne i cattolici o chi difende la legge naturale. Dov’è il cortocircuito? «Nell’avere come unico scopo l’eliminazione della Chiesa. Un danno enorme per la libertà di tutti. La Chiesa, infatti, oltre ad essere la più grande associazione italiana, con la più antica tradizione che ha plasmato il nostro paese, è l’elemento di forza della democrazia perché promuove l’accoglienza di ogni persona». Il pensiero unico, pur celebrandosi tollerante, «è il veleno di questo paese».
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