Il Tribunale Ue del Lussemburgo, scrive oggi Alberto D’Argenio per Repubblica, «salva la Chiesa da un conto salato». I giudici comunitari infatti hanno emesso sentenza contraria a un ricorso dei radicali che speravano («dopo anni di battaglie») di vedere gli enti ecclesiastici costretti a pagare gli arretrati relativi ad alcune agevolazioni fiscali prima concesse dall’Italia e poi bocciate dall’Europa.
SGRAVI. Materia della battaglia giudiziaria sono gli sgravi stabiliti dal governo italiano nel 2008 a favore di diversi enti religiosi, tra cui scuole pubbliche paritarie, ospedali accreditati, eccetera. Repubblica parla di «cliniche, alberghi, scuole e altre attività commerciali» perché in effetti nel 2012 la Commissione europea volle riconoscerle tutte come “attività commerciali” e condannò l’Italia per aiuti di Stato illegali, perché, scrive D’Argenio, «distorcevano la concorrenza danneggiando i loro competitori, che le tasse le pagavano».
CASO CHIUSO. «Tuttavia – ricorda il quotidiano romano – Bruxelles a sorpresa non decretò il recupero dell’Ici non pagata dal 2008» perché, come sosteneva anche il ministero dell’Economia italiano, «era impossibile stabilire quanto e chi dovesse mettere mano al portafoglio». Poi il governo Monti impose l’Imu e la estese anche alle opere religiose (fra le mille polemiche e ambiguità che i lettori di Tempi ricorderanno benissimo) e il contenzioso con la Commissione si risolse.
I RICORSI. Ai radicali però non piacque l’idea che la Chiesa se la passasse (quasi) liscia. E così partirono i «due ricorsi promossi dall’ex deputato Maurizio Turco e dal fiscalista Carlo Pontesilli per conto di una scuola Montessori romana e di un bed & breakfast laziale», informa D’Argenio. Un ricorso verteva appunto sugli arretrati Ici, l’altro sulle regole Imu volute da Monti per gli enti non commerciali, che secondo i radicali «continuano a regalare un vantaggio competitivo alla Chiesa». Per i giudici comunitari, però, i ricorrenti «non sono riusciti a dimostrare» le loro tesi.
LA GUERRA CONTINUA. Stando ai calcoli dell’Anci, l’Associazione dei comuni italiani (l’Ici infatti era una tassa comunale), gli arretrati che Turco e Pontesilli volevano infliggere alle opere cattoliche avrebbero potuto raggiungere in totale una somma pari a 4-5 miliardi di euro. Si capisce perché per i radicali, osserva Repubblica, una vittoria presso il tribunale Ue sarebbe stata «un regalo postumo a Marco Pannella». E pazienza se invece il primo round se lo è aggiudicato la Chiesa: per ora i due ricorrenti si accontentano della ricevibilità del loro ricorso. Perché, conclude D’Argenio, «il riconoscimento in primo grado dell’ammissibilità della causa apre le porte all’appello in Corte di giustizia europea che Turco e Pontesilli hanno annunciato ieri».
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