«Noi abbiamo prescritto un certo numero di misure, insieme alle sanzioni nel caso le prescrizioni non vengano applicate, un nocciolo duro dal punto di vista materiale e organizzativo», continua Lacoste. Le misure vanno da un centro di gestione della crisi delle strutture a un sistema a diesel di ultima generazione che alimenti i reattori in caso di emergenza, fino ad una “squadra di pronto intervento nucleare” che possa intervenire in meno di 24 ore per ogni evenienza. Dovranno anche essere messe in sicurezza le acque sotterranee che si trovano nei pressi delle centrali, perché non vengano contaminate in caso di fuoriuscita radioattiva. «Noi chiediamo» prosegue Lacoste «un investimento enorme», dell’ordine di decine di miliardi e «non si può pensare che queste misure vengano realizzate prima del 2018».
Davanti alle dichiarazioni del ministro dell’Ecologia francese, che ha detto che la centrale di Fesseneheim, in Alsazia, l’impianto più vecchio di Francia con i suoi 34 anni, potrebbe essere chiusa, viene subito da pensare che sia stata proprio l’Asn a richiedere il blocco delle attività. «Non è così» afferma Lacoste, «durante la visita al reattore 1 di Fessenheim abbiamo stilato 40 misure per il miglioramento del radiatore, richiedendo la creazione di un’ultima fonte d’acqua fredda. Non abbiamo imposto come si debba provvedere. Ora, [la Francia] può decidere di chiudere il reattore, può prendere le decisioni che vuole. La responsabilità è sua. Noi però non abbiamo richiesto la sua chiusura». E a un’ulteriore domanda sui tempi che serviranno per applicare queste misure, il presidente del Asn ha risposto: «Non sono cose che si fanno in due giorni, nel frattempo si possono prendere misure provvisorie. Del resto, lo scopo è uno: se c’è il nucleare, deve essere sicuro».