Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Direttore responsabile
Emanuele Boffi
Londra. Dopo l’approvazione da parte del “Consiglio nazionale di screening” inglese di un nuovo test prenatale sul sangue materno che sarebbe in grado di verificare, sin dai primi mesi di vita, se il figlio in grembo è affetto dalla sindrome di Down, un gruppo di genitori e di persone disabili hanno protestato di fronte al parlamento. In una società dove già il 92 per cento dei bambini con la trisomia 21 viene abortito, è difficile rendersi conto di cosa significhi vivere con un handicap simile. Ma Heidi, ventenne inglese affetta dalla sindrome, lo ha spiegato rivolgendosi al ministro della Salute Jeremy Hunt.
«Mi chiamo Heidi, ho vent’anni, lavoro presso un parrucchiere, ho la sindrome di Down e la mia vita è importante e gioiosa come quella di chiunque altro. Quando ai genitori viene detto che il loro bambino è disabile, non vengono sempre aiutati e informati come dovuto e non viene detto loro che il piccolo può prosperare e fiorire. Non viene spiegato loro il potenziale che ha questa nuova vita umana e quanto amore e felicità possa avere e portare alla vita della loro famiglia e della società. Il governo sta considerando se introdurre un altro test che potrebbe portare a una diminuzione dei bambini nati con la sindrome di Down ogni anno. Questo accade perché la nostra società e i servizi sanitari non si rendono conto che i bambini con la disabilità fanno parte della varietà e della ricchezza della vita. I genitori hanno bisogno che gli sia dato supporto e aiuto nel prendersi cura dei loro figli invece che essere posti di fronte a una scelta senza speranza. Sono qui perché sono convinta che abbiamo tutti lo stesso valore e che dovremmo essere considerati al pari di chiunque altro. Le mamme e i papà dovrebbero ricevere l’aiuto di cui hanno bisogno affinché non vedano un figlio disabile come una preoccupazione, ma come l’inizio di un’avventura felice. Jeremy Hunt, non selezionarci, ma lavora con noi per creare una società in cui ognuno sia trattato con la dignità, il rispetto, la compassione e l’amore che tutti meritiamo».
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