L’ideologia gender non esiste? Ma Transparent sì

Corriere della Sera, martedì 11 agosto, pagina 23. Maria Laura Rodotà tesse gli elogi di Transparent, webserie americana arrivata in Italia il 9 giugno su Sky Atlantic. Non è solo una recensione, è proprio un elogio che inizia sobriamente così: «Transparent è un capolavoro. È un romanzo borghese con implicazioni universali in forma di serie tv. Parla di identità sessuale ed egoismi personali. Di inevitabilità della famiglia e di liti immobiliari e di segreti. Fa molto ridere, anche. Si svolge a Los Angeles, in una famiglia ebrea come quella della creatrice-showrunner Jill Soloway. Il cui padre, un distinto psichiatra di Chicago, quando era già ultrasessantenne uscì allo scoperto come transgender». Il messaggio della serie? «Nessuno è un personaggio monoblocco. L’identità sessuale viene raccontata come un processo fluido, in continua definizione. Non solo attraverso Mort che diventa Maura (e Jeffrey Tambor, come Maura ha vinto un Emmy). Attraverso Sarah-Amy Landecker». «Jill e io non incaselliamo la sua sessualità», ha spiegato Landecker. «Sarah vive un continuum di amore e sesso. E lavorando alla serie ci siamo sempre più rese conto di quanto il pensiero binario sia una trappola per l’umanità». Ora, non fate i bigotti, la serie tratta anche di argomenti molto religiosi: «Lo spiega la rabbina Raquel, in un sermone: il popolo ebraico ha dovuto camminare quarant’anni nel deserto perché 'Dio ha avuto bisogno di tempo per trasformare gli schiavi in persone libere'». Ora, pensate quel che volete, ma al prossimo che ci dice che l'ideologia gender non esiste, sappiamo cosa fare leggere.

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