Agenti di polizia in piazza in attesa della manifestazione. Uomini volenterosi con un tocco di giallo in mano. Rametti di mimosa davanti alla postazione delle impiegate delle poste. L’8 marzo 2011 è cominciato come quello degli anni scorsi, al netto del fattore tutto politico che ha “diviso” il fronte femminista, con grande gioia di chi ha sempre boicottato questa ricorrenza.
La divisione, è noto, arriva dalla mercificazione della donna emersa col Ruby gate, che ha fatto scendere in piazza le donne del comitato “Se non ora quando”. Oggi il comitato torna in piazza, in tutta Italia, con un fiocco rosa. Contrarie (e fedeli alla mimosa) le femministe dure e pure, che contestano alle colleghe rosa un’impostazione «tutta giocata sull’immagine materna della donna che noi non condividiamo». Molte di noi non scenderanno in piazza né per l’uno né per l’altro fronte, alcune compreranno mimose, altre le snobberanno con orgoglio. Altre cercheranno di dribblare le massicce dosi di retorica che accompagnano questo giorno. Forse qualcuno proverà a farlo (non è una cattiva idea) prendono in mano due libri molto diversi.
Il primo è curato da Ritanna Armeni e si chiama Parola di Donna (Ponte alle Grazie, 335 pagine, 16,80 euro). Cento donne definiscono cento parole che hanno cambiato il mondo, soprattutto quello femminile. Passando sopra l’infelicità congenita a un genere antologico, il libro ha il pregio di aprire molte finestre e il difetto di chiuderne (anche volutamente) poche. C’è Alessandra Kustermann che snocciola dati sull’aborto in Italia, c’è Marina Corradi che racconta cosa sia la presunta “debolezza” femminile, c’è Flavia Perina che parla di “destra”, Anselma dell’Olio che riflette sulla “misoginia”, Livia Turco sul welfare. E poi Ritanna Armeni che assume la regia di questo libro corale con discrezione, documentando che «il cambiamento ha attraversato la quotidianità e il privato, ma lo ha superato. Oggi parlare di diritti, di potere, di politica, di destra e di sinistra, di lavoro obbliga a un confronto con quello che le donne hanno prodotto nella lingua e quindi nella cultura e nella realtà».
L’altro libro ha il provocatorio titolo Sposati e sii sottomessa (Vallecchi, 254 pagine, 12,50 euro) ed è l’opera prima di Costanza Miriano, giornalista Rai che partendo dall’invito di san Paolo nella Lettera agli Efesini, documenta un’idea possibile di donna e di matrimonio. «Nessuna delle mie amiche – scrive la Miriano – è turbata perché le hanno impedito di abortire nel conforto di casa, moltissime perché invece un bambino non arriva: per l’età, per un compagno fifone, per una vita troppo complicata per prevederlo. Ne conosco molte turbate dai contratti a termine a ripetizione, dall’instabilità che rende più difficile fare progetti definitivi. Siamo turbate, e molto, dall’ostilità che il mondo del lavoro ha nei confronti dei figli».